L'allora presidente della Dc, Aldo Moro, fu sequestrato dalle ‘Brigate’ il 16 Marzo 1978 nel corso di un agguato dove in via Fani a Roma furono uccisi i cinque uomini della scorta. Era la cosiddetta ‘operazione Fritz’. Questi lo stesso giorno del sequestro venne rinchiuso nella <<prigione del popolo>> e sottoposto a "processo" [documenti 1 e 2] da parte di un ‘tribunale del popolo’. Il 5 Maggio la sentenza di morte fu resa nota “ALLE ORGANIZZAZIONI COMUNISTE COMBATTENTI, AL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO, A TUTTI I PROLETARI” con il comunicato numero 9: “Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 marzo, eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato”. Alle 12:13 del 9 Maggio un anonimo (poi identificato come Mario ‘compagno Maurizio′ Moretti) telefonò al professor Franco Tritto, assistente universitario dello statista, dicendogli che: «in via Caetani c′è un′auto rossa con il corpo di Moro». Ma qualcuno un paio d'ore prima aveva segnalato che in via Caetani [una traversa di via delle Botteghe Oscure vicino piazza del Gesù] c'era un Renault 4 amaranto con dentro una bomba... Fra le 10:45 e le 11 l'artificiere dell'Esercito, sergente maggiore Vitantonio Raso, fu portato sul posto da una volante. Allora sia la polizia che i carabinieri non avevano squadre di antisabotatori e quindi si appoggiavano ai nuclei artificieri dell'Esercito. Il maresciallo capo Giovanni Circhetta insieme al sergente Andrea Casertano arrivarono dopo le 11. Intorno all'auto oltre a Raso c'erano alcuni poliziotti in borghese, il commissario Federico Vito ed un alto ufficiale dei carabinieri. La zona era parzialmente delimitata; verso le 11:30 arrivarono anche il ministro degli Interni Cossiga, il capo della Digos romana Domenico Spinella ed il comandante del nucleo investivo dei carabinieri colonnello Antonio Cornacchia. L'auto, il muso rivolto verso via dei Funari, aveva delle targhe (‘Roma N56786’) di un′Alfetta in uso ad Alitalia che furono riconsegnate al PRA di Napoli per una nuova immatricolazione. L'utilitaria era stata rubata a Roma il 1° Marzo in via Federico Cesi, zona Prati; la sua targa originale era ‘MC 95937’. Il proprietario, un asfaltista d'origine marchigiano, ne denunciò il furto. L'automezzo fu consegnato al gruppo delle “Brigate Centocelle” diretto da Antonio Savasta; due "irregolari" della brigata studentesca si occuparono della manutenzione e di piccoli spostamenti. A quanto fu poi appurato, nei primi giorni di Maggio uno dei due studenti parcheggiò la R4 con le chiavi nel cruscotto vicino piazza Bologna. Tornando a quella martedì mattina, temendo che ci fosse dell'esplosivo gli artificieri procedettero con una certa cautela; alle 12-12:30 il bagagliaio venne aperto con la fiamma ossidrica: lì era raccolto il cadavere dello statista, chiaramente ucciso con colpi di arma da fuoco. Sembra che sul sedile anteriore c'era una busta da lettera con dentro degli fogli piegati. Dalla successiva refertazione questa non si risulta. Ufficialmente Cossiga avvertì la sede della Dc alle 13:45; un dispaccio Ansa delle 13:59 comunicò che “L'on. Moro sarebbe la persona trovata morta all'angolo di via delle Botteghe Oscure con via Caetani”. Il nome di Aldo Moro fu dato alle 14:09, pochissimo dopo la Rai iniziò una diretta speciale. Secondo quanto dichiarato da Vitantonio Raso, l'artificiere che aprì il portabagaglio e quindi scoprì il corpo dello statista, c'erano "strani" particolari: il sangue che usciva dalle ferite era fresco come se fosse stato ucciso da qualche ora. Inoltre Cossiga, e gli altri funzionari, non si mostrarono particolarmente turbati alla notizia data da Raso. Poco dopo le 15:30 la salma di Moro venne caricata su un un'ambulanza dei vigili del fuoco che si diresse all'Istituto di medicina legale per l'autopsia. La famiglia di Moro, nel rispetto dell'ultime volontà del congiunto, rifiutò il lutto nazionale ed i funerali di stato. La Renault 4 fu sottoposta a minuziosi accertamenti da parte della polizia scientifica e degli artificieri. Il proprietario Filippo Bortoli e la sua famiglia riconobbero subito la macchina dalle immagini televisive per una caratteristica macchia di bitume. A Luglio 1978 venne interrogato una notte intera dalla polizia; ovviamente dimostrò la sua totale estraneità. Però fu chiamato a dei confronti con i brigatisti via via arrestati. Anche fino all'ultimo processo fu richiesta la sua testimonianza. Bitume e sabbia erano materiali trattati dall'azienda di Bartoli; e per l'appunto sui vestiti di Moro furono rinvenute tracce di sabbia. Venne ipotizzato un despitaggio da parte dei terroristi, ma probabilmente si trattava dei resti di qualche carico trasportato con la Renault. Sembra che ad inizio Marzo Alessio Casimirri rubò un'identica R4 in piazza Mazzini all'angolo con via Settembrini in zona Prati. Forse questo spiega perchè alcuni testimoni riferirono di una Renault 4 amaranto con targa Macerata vicino alla spiaggia di Fregene... L'utilitaria (ormai non più funzionante) fu riconsegnata al suo legittimo proprietario. Da allora è coperta da un telone in un'area di proprietà di Bartoli in via Casette Mistici a Roma [vedi, e leggi, qui]. Ogni richiesta per film o fiction televisive sul caso Moro è stata sempre respinta. Sia Raso che il suo collega Casertano che il maresciallo capo G. Circhetta non sono mai stati interpellato dai magistrati e dalle commissioni parlamentari. Vitantonio Raso dopo in pensione nel Gennaio 2008 si è stabilito a Viareggio. Nel 2012 ha pubblicato un libro biografico dove fra l'altro racconta quel suo intervento in Via Caetani. Quasi tutti i quotidiani del 30 Giugno 2013 hanno riportato le sue nuove rivelazioni date al portale “vuoto a perdere”. Filippo Bartoli si è spento il 25 Dicembre 2013 nella sua casa di Dignano—Serravalle di Chienti (Macerata); aveva 77 anni ed era tempo malato.
Il LEM dell'Apollo-11 toccò la superficie lunare, in gergo allunò, alle 20:17:40 UTC (le 22:18 italiane) del 20 Luglio 1969. Le coordinate esatte del sito di allunaggio nel Mare della Tranquillità erano/sono: 0°40’26,69’’N 23°28’22,69’’E. Dopo la storica discesa del comandante, Neil Armstrong, il pilota del modulo lunare ‘Buzz’ Aldrin iniziò la sua EVA alle 03:11:57 UTC del 21 Luglio con l'uscita dal LEM. Alle 03:15:16 UTC calcò il suolo lunare. Un'oretta dopo, alle 110:31:40 Ground Elapsed Time (cioè il tempo trascorso dal decollo dalla Terra), Aldrin scattò la famosa foto all'impronta del proprio scarpone. Sulla Terra il suo peso, compreso dello zaino e della tuta, sarebbe stato di 163 kg; ma sulla Luna grazie alla minore forza di gravità (circa un sesto di quella terrestre) era di appena 27 kg! Alle 05:01:39 — dopo 2 ore, 31 minuti e 40 secondi — rientrò nel LEM; quasi nove minuti dopo rientrò anche Armstrong che chiuse definitivamente il portellone alle 05:11:13. Curiosamente “Il Messaggero” del 21.07.1969 in prima pagina pubblicò una foto (fasulla) di quell'impronta: vedi qui. Infatti si dovette attendere il ritorno degli astronauti per avere le vedere le foto e anche quella, catalogata come AS11-40-5877. Solo nel Marzo 2009 un lettore di una rivista di fotografia ha segnalato che quell'impronta non era certo di Aldrin e nemmeno di uno scarpone da astronauta della Nasa... Secondo le stime l'impronte lasciate sulla Luna rimarranno intatte per almeno un milione di anni.
Nell'Ottobre 1964 Leonid Il'ič Brežnev, ex presidente del Presidium del Soviet supremo e secondo segretario del Comitato Centrale, fece convocare un consiglio speciale del Presidium del Comitato centrale. C'era da far dimettere in un modo o nell'altro il Segretario generale del Pcus Krusciov; questi curiosamente non era presente perché in viaggio. Il giorno 13 appena tornato Krusciov votò per dimettersi dalla sua posizione nel partito e nel governo. Il 15 il Presidio del Soviet Supremo accettò le dimissioni di Krusciov come premier dell'Unione Sovietica. Così Breznev divenne nuovo segretario del Pcus e anche premier dell'Urss. Erich Honecker — dal 1961 Segretario della sicurezza del Comitato centrale del SED — con il sostegno di Bržnev nel Maggio 1971 fu nominato al posto di Walter Ulbricht, che era stato "costretto" a dimettersi. Così divenne sia Segretario generale del Comitato centrale del SED che Presidente del Consiglio nazionale di difesa della DDR. Nel 1976 diventò anche presidente del Consiglio della DDR, e capo dello Stato. Nell'Ottobre del 1979 si celebrarono i trent'anni della fondazione della DDR e Breznev fece visita al "compagno" Honecker; questi quando il segretario del Pcus finì il suo discorso gli si avvicinò a braccia levate e gli diede un grosso bacio in bocca. Sembra che fosse stato Krusciov ad introdurre il bacio a bocca spalancata con schiocco delle labbra; comunque già prima in Urss questo tipo di bacio era un segno d'amicizia. Tornando all'Ottobre 1979 a Berlino Est, il fotografo francese da distanza ravvicinata con la Nikon (equipaggiata con un teleobiettivo da 80-200 mm) riprese quell'attimo preciso, che stampato in bianco e nero su una pellicola Kodak Tri-X diventerà storia. Breznev il 12.12.1976 fu nominato maresciallo dell'Armata e premiato come "eroe dell'URSS" (la medaglia più ambita delle 114 ricevute in totale). Nel 1977 venne rieletto alla presidenza del Soviet Supremo e nel 1981 fu di nuovo alla guida del Partito comunista. Breznev ufficialmente morì il 10 Novembre 1982 per un infarto mentre era nella sua casa di Mosca; aveva 75 anni e ultimamente era un narco-dipendente di sonniferi, specie il Nembutal. Nel 1989 durante l'"Autunno delle nazioni" cadde anche il muro di Berlino e le due Germanie si riunificarono; Il 18 Ottobre — dopo diciotto anni di potere incontrastato — Honecker si dimise dalla sue cariche; le proteste popolari verso il governo avevano indotto i membri del Poliburo a concedere la sua "testa". Nello stesso mese venne aperta l'istruttoria per abuso d'ufficio e per alto tradimento da parte della magistratura della DDR. Infine il 3 Dicembre l'ex segretario fu escluso dal "suo" partito, che lo stesso giorno si dissolse e rinascerà come PDS. Il 1° Luglio 1991 il Patto di Varsavia si sciolse ufficialmente durante una riunione a Praga. In Agosto l'Unione Sovietica si dissolse dopo un fallito colpo di stato: forze politiche liberali e democratiche guidate da Boris Eltsin misero nell'angolo Gorbačëv bandendo il Partito comunista e spezzando così l'Unione. L'8 Dicembre i presidenti di Russia, Ucraina e Bielorussia firmarono a Belavezha il trattato che sanciva la dissoluzione dello Stato sovietico. Il 25 Dicembre Gorbačëv rassegnò le sue dimissioni da presidente dell'URSS, il 26 il Soviet Supremo sciolse formalmente l'Unione Sovietica. Honecker nel frattempo aveva riparato a Mosca, nel Dicembre 1991 con lo sfaldamento dell'URSS trovò rifugio nell'ambasciata cilena di Mosca; però la Federazione Russa di Eltsin concesse l'estradizione in Germania, che avvenne nell'estate 1992. In considerazione della sua età e del suo stato di salute venne aperto prioritariamente un processo ritenuto più importante, quello contro Honecker e diversi altri responsabili politici in dodici casi di omicidio come rei indiretti. L'ex leader difese le sue scelte politiche ed anche la costruzione del Muro con necessità politiche e sottolineando il numero di morti relativamente basso, confrontato a quello della guerra del Vietnam. Poiché era gravemente ammalato di un tumore al fegato chiese chiese l'interruzione del processo, che fu concessa dalla Corte Costituzionale Regionale il 12.01.1993; era evidente che la certificata rimanente aspettativa di vita era un impedimento a procedere. Il 13 Gennaio fu sospeso anche un secondo processo per reati economici, così Honecker si trasferì in Cile dove viveva la famiglia di sua figlia. Il 29 Maggio 1994 si spense a Santiago all'età di 71 anni.
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