Pioneer-4

Questa è stata la prima sonda ad effettuare un fly-by "intenzionale" della Luna. Infatti la sovietica Metcha aveva come missione l'impatto; ma gli fu impedito da un errore nel calcolo della traiettoria. Inoltre questa navicella della Nasa stabilì il record di collegamento fra un veicolo spaziale e la Terra, soffiandolo proprio a Luna-1 che l'aveva stabilito appena tre mesi prima.

 

DEFINIZIONE DELLA MISSIONE

 

All'inizio del 1958 l'ABMA [Army Ballistic Missile Agency, ‘‘Agenzia Missilistica Balistica dell'Esercito’’] e il JPL ebbero l'incarico di costruire una sonda spaziale che rappresentasse il contributo americano all'IGY. Era il progetto ‘Red Socks′, però ben presto ridimensionato.

Comunque il 7 Febbraio 1958 il DoD [Department of Defense, ‘‘Dipartimento della Difesa’’] istituì l'ARPA [Advanced Research Project Agency, ‘‘Agenzia per i progetti di ricerca tecnologica avanzata’’]. Il suo scopo era promuovere, coordinare, gestire tutte l'attività spaziali e civili. Praticamente l'ARPA era un'organizzazione provvisoria in attesa che il Congresso creasse un'agenzia spaziale civile.

Il 27 Marzo 1958 il presidente Eisenhower approvò il progetto Able in cui si prevedeva di lanciare verso la Luna cinque piccole sonde: tre costruite dall'Aeronautica e due dall'Esercito. Il JPL per molto tempo aveva contribuito ai programmi di sviluppo di missili per l'Esercito, così venne coinvolto nelle missioni. In particolare, il JPL ebbe l'incarico di allestire gli stadi di propulsione ad alta velocità, la sonda [payload in gergo], le strutture da adibire al "puntamento" [tracking] e la ricezione telemetrica.

Da quando, il 29 Luglio Eisenhower firmò l'atto di costituzione della Nasa, gli enti militari ebbero nelle missioni spaziali solo un ruolo consultivo. Comunque all'Esercito rimasero le "sue" tre sonde del progetto Able; i loro obiettivi principali erano:

1. stabilire una traiettoria che si avvicinasse alla Luna;

2. eseguire una significativa misura scientifica;

3. progredire la tecnologia spaziale.

Il progetto doveva rispettare costrizioni sia per la navicella che per il vettore. Ad esempio, il peso del payload non doveva superare i 6,8 kg (il massimo concesso dalla capacità del razzo e dalla traiettoria scelta). Le sollecitazioni meccaniche durante il lancio (accelerazione lineare di 85 g, rotazione a 600 giri al minuto, vibrazioni ecc.) imponevano severi requisiti strutturali. Inoltre il bilancio termico durante il periodo di costeggio terrestre [coast period] richiedeva un accurato controllo dell'emissività superficiale.

 

LA "RETE" PER LE COMUNICAZIONI CON LA SONDA

 

Per ricevere ed elaborare la velocità angolare di una sonda spaziale e l'informazione scientifica fu progettata una "rete" [network] per il "puntamento" [tracking] ed il "trattamento dati" [handling data]. Questa struttura [TRACE] divenne operativa dal Novembre 1958; i suoi principali obiettivi erano:

1. provvedere ad una ricezione continua dell'informazione teletrasmessa fino a 100.000 km dalla Terra (in particolare i l'informazioni sui raggi cosmici e le fasce di radiazioni esterne);

2. ottenere almeno una ricezione intermittente per l'informazioni teletrasmesse da oltre la Luna;

3. fare delle precise misure angolari (necessarie per l'accurata determinazione dei piani di volo delle sonde).

Un obiettivo secondario era quello utilizzare l'hardware [i componenti fisici] per una successiva evoluzione, che sarà la rete DISF e poi il DSN. TRACE venne sviluppata dal JPL in cooperazione con le altre nazioni nel quale erano poste le "installazioni". La frequenza di trasmissione fu fissata sui 960 MHz (la stessa usata dall'antenne del JPL per esperimenti di radio-scienza). Ad inizio 1959 TRACE si componevano di:

1. "stazioni" [station] solo riceventi poste nella base di lancio a Cape Canaveral, nell'isola di Portorico a Mayaguez e nel deserto californiano a Goldstone Lake;

2. un centro di elaborazione dati [data processing] e calcolo computerizzato [computing] situato a Los Angeles;

3. vari centri per i messaggi via telefono o telescrivente situati a Pasadena e Cape Canaveral.

Le stazioni erano collegate sia al centro di elaborazione dati che a quello di calcolo computerizzato, ma anche ad altre stazioni di puntamento.

 

(1)

 

Diagramma a blocchi della rete TRACE

 

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Tutte i "punti" della rete erano collegati da almeno due circuiti half-duplex di telescriventi [teletype] e due circuiti telefonici a voce. Il flusso dell'informazioni che entravano/uscivano dal centro elaborazione dati di Los Angeles veniva regolato da due centri per i messaggi (situati a Pasadena e Cape Canaveral). Praticamente TRACE era un sistema automatico che quando riceveva il segnale di una sonda lo conteggiava, codificava, trasmetteva e convertiva in informazione di "tracciamento". Nello stesso tempo, il sistema elaborava, convertiva, visualizzava e trasmetteva l'informazioni acquisite.

 

LA MISURAZIONE DOPPLER "AD UNA VIA"

 

Il ben conosciuto principio dell'effetto Doppler fu utilizzato per determinare la velocità della sonda rispetto alla Terra. Infatti lo spostamento Doppler è l'apparente cambiamento in frequenza del segnale riflesso o emesso da oggetti in movimento (che si avvicinano o allontanano rispetto all'osservatore). Ad esempio quando un treno si avvicina, il suo rumore è più elevato rispetto al momento in cui passerà.

Il movimento relativo della sonda, rispetto alla stazione di tracciamento terrestre, era causato: 1) dalla traiettoria della navicella; 2) dall'orbita della Terra intorno al Sole; 3) dalla rotazione terrestre intorno al proprio asse.

Per definizione, quando la distanza diminuisce anche la frequenza cala proporzionalmente. Naturalmente vale il viceversa: quando la distanza aumenta, la frequenza del segnale trasmesso cresce in proporzione. Quindi la differenza fra le frequenze del segnale trasmesso e ricevuto è proporzionale alla velocità radiale fra la Terra e la navicella. Dato che la frequenza del segnale trasmesso non poteva essere conosciuta con certezza, la precisione nella misura della velocità radiale era limitata. Usando una misurazione Doppler "ad una via", la velocità della sonda aveva un margine d'errore di 98 km/h. La molto più precisa misurazione "a due vie" verrà adottata nelle missioni Mariner e Ranger.

 

CAPE CANAVERAL, AMR [ATLANTIC MISSILE RANGE]

 

Prima del lancio l'AMR doveva controllare l'equipaggiamento radio della sonda. Nei primi 10-15 minuti di volo, avrebbe ricevuto sia la telemetria che i dati sulla traiettoria iniziale. Poi l'avrebbe comunicati alla stazione successiva o ai centri di calcolo.

 

PORTORICO

 

Quando la navicella sarebbe apparsa all'orizzonte dell'isola caraibica, una MTS [Mobile Tracking Station, ‘‘stazione di puntamento mobile’’] ne avrebbe acquisito il segnale. Questa installazione, denominata anche SDR [Station Down Range], fu allestita nella località di Mayaguez. Era dotata di un ricevitore a banda "stretta" [narrow] collegato ad un'antenna di puntamento automatico del diametro di 304,8 cm. Il parabolide montato su un piedistallo garantiva gli essenziali movimenti in azimut ed elevazione. Questa "stazione" poteva fornire: le coordinate spaziali, la telemetria e lo spostamento Doppler "ad una via". I collegamenti con TRACE venivano assicurati da cavi sottomarini che arrivavano a Cape Canaveral. La portata in ricezione per un segnale dalla potenza di 200 mW arrivava a 160.000 km.

 

GOLDSTONE

 

Dopo circa 6 ore e mezzo di "inseguimento" [tracking] a cura di Mayaguez, la navicella appariva all'orizzonte di Goldstone Lake nel deserto californiano del Mojave (circa 241 km da Pasadena). La zona vicino alla Death Valley era isolata e non presentava interferenze radio di rilievo. Così nel Giugno 1958 iniziò la costruzione di un "complesso" — il primo ed il più importante — per la navigazione delle sonde spaziali statunitensi. La struttura ricevente, in combinazione con un'antenna di inseguimento dal diametro di 26 metri, fu inizialmente denominata “Pioneer Station”.

Per evitare la perdita del contatto con una sonda, un'antenna terrestre era progettata per garantire un elevato guadagno. Praticamente doveva concentrare in un punto della parabola, detto fuoco, tutta la potenza del segnale in arrivo dallo spazio. Poi un ricevitore "separava"  i disturbi circostanti (in gergo statica). Infatti insieme all'atmosfera terrestre, ci sono anche altre fonti "disturbanti": lunari, solari, galattiche. Per definizione, ogni ricevitore vede la sua sensibilità intrinsecamente "afflitta" dai disturbi generati dagli stessi dispositivi elettronici che lo compongono.

Per questo furono introdotti metodi per amplificare il segnale, sia nel momento della trasmissione (dalla sonda) che della ricezione (sulla Terra). Il complesso californiano aveva un periodo di "copertura" [coverage] — da orizzonte ad orizzonte — di circa 9 ore. Per tutto questo periodo Goldstone forniva le stesse informazioni di Portorico: posizione angolare, spostamento Doppler "ad una via" e telemetria. A causa della rotazione terrestre la sonda rimaneva "invisibile" a Goldstone per circa 15 ore. La portata di questa stazione nel ricevere un segnale di 200 mW si attestava sui 1,8-2,2 milioni di km.

 

STAZIONI DI SUPPORTO ALLA MISSIONE

 

Una delle maggiori stazioni di supporto era il radiotelescopio di Jodrell Bank dal diametro di 76,2 metri (il più grande allora esistente). Questa struttura veniva gestita da Bernard Lovell per conto dell'università inglese di Manchester. Nelle sue vicinanze la Nasa allestì un STL [Space Technology Laboratory, ‘‘Laboratorio Tecnologico Spaziale’’] con il preciso scopo di seguire l'esperimento di ripresa ottica.

 

CENTRO DI ELABORAZIONE DATI E CALCOLO COMPUTERIZZATO

 

L'informazioni sullo spostamento Doppler e la posizione angolare, sempre riferite al tempo GMT, venivano automaticamente codificate in un formato per telescrivente e quindi trasmesse al centro di calcolo computerizzato del JPL di Pasadena (Los Angeles). Le telescriventi trasmettevano ad un ritmo di 60 "parole"/minuto, circa sette secondi per ogni riga. Il centro di Pasadena utilizzava principalmente un IBM 704. I risultati venivano controllati con diverse procedure che usavano calcolatori elettronici, calcolatrici da tavolo, tabelle pre-calcolate. Un altro IBM 704 rimaneva di riserva alla RAND Corporation. Nel centro di calcolo computerizzato venivano analizzati i dati delle stazioni di tracciamento e si determinava con precisione il "cammino" [path] di una navicella. Quindi si poteva conoscere il punto dell'orizzonte dove sarebbe apparsa alle varie stazioni.

 

 NASCITA DELLA NASA E PRIMO TENTATIVO DI UN FLY-BY LUNARE

 

Dopo il fallimento delle prime tre navicelle (Able-1, Pioneer-1 e Able 2) toccò alle due dell'Esercito. Ma il 1° Ottobre 1958 con l'ordine esecutivo n. 10783 il presidente Eisenhower creò la Nasa. Il 15 Ottobre la neonata agenzia spaziale propose all'Esercito di acquisire il JPL. Così con l'ordine presidenziale n. 10793 del 3 Dicembre 1958, Eisenhower trasferì le mansioni e le strutture del JPL alla Nasa.

1958  Alle 05:45 del 6 Dicembre, decollò un razzo Juno II con a bordo la sonda Able-3. Un consumo eccessivo del propellente fece spegnere il primo stadio 3,7 secondi prima del previsto: l'accensione durò 176,3 invece che 180 [secondi]. La velocità finale fu di 10,553 km/s, ma non avendo toccato la velocità di fuga  (10,836 km/s) diventò impossibile raggiungere la Luna. Inoltre l'angolo di immissione nella traiettoria orbitale fu di 71° invece dei previsti 68°. Infine il sistema di riduzione della rotazione non funzionò... Pioneer-3 raggiunse una distanza di 102.322 km dalla Terra, poi ricadde inesorabilmente. Dopo 38 ore e 6’, alle 19:51 del 7, la sonda si disintegrò rientrando nell'atmosfera 88,5 km sopra il Ciad ai 16,4° nord e 18,6° est.

 

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I tubi Geiger-Müller a bordo ribadirono l'esistenza della seconda fascia di Van Allen, cioè delle particelle ad alta energia poste fra i 19.100 ed i 57.400 km dalla Terra. Queste due fasce furono scoperte nel 1958 dal satellite Explorer-1, costruito sotto la supervisione di James Alfred Van Allen (1914-2006) che fra l'altro collaborò anche nel progetto delle successive navicelle.

 

DESCRIZIONE DELLA SONDA

 

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Able-4

 

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Aveva una forma conica dal diametro alla base di 22,9 cm ed un'altezza di 50,8 cm. Praticamente era divisa in quattro parti: il "muso" [nose] conico; l'"avvolgimento" [wrapping] cilindrico per le batterie — area I; la base anulare per le batterie — area II; la parte rimanente del "carico base" — area III. Il quarto e ultimo stadio del vettore (altezza: 173 cm; diametro: 15 cm; peso: 4,65 kg) sarebbe rimasto unito alla navicella.

Dato che il flusso termico solare poteva cambiare a seconda dell'angolo η (quello fra l'asse di rotazione e la linea sonda-Sole), era necessario calcolare in maniera precisa la traiettoria. Questo angolo doveva essere 103,5°; una sua qualsiasi variazione non avrebbe garantito il corretto controllo termico.

Inoltre c'erano altre difficoltà: una navicella di questa classe avrebbe sperimentato il calore del Sole senza possibilità di periodiche "eclissi artificiali" tipiche dei satelliti terrestri. Per di più il trasmettitore e l'altre apparecchiature elettroniche generavano intrinsecamente calore (che non doveva superare i 48,8 °C pena il malfunzionamento delle batterie).

 

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In particolare, i limiti termici di funzionamento andavano da 20 a 50 °C. Per sicurezza fu deciso di mantenere in ogni parte della sonda una temperatura mediana: 35 °C. Per monitorare le varie sezioni interne furono utilizzati dei termometri a resistenza che trasmettevano i valori sul canale 1. Il controllo termico era conseguito grazie ai tassi di assorbività e emissività della superficie esterna. Il 44% del "muso" conico era coperto da strisce nere, che si alternavano a quelle dorate. Invece per l'area I, costituita da un "foglio" protettivo in alluminio dorato, il 44% della superficie venne colorata con strisce. L'area III invece era placcata in oro. L'interno della sonda fu progettato in maniera che il calore generato internamente fosse disperso nello spazio.

 

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Il trasmettitore di bordo

 

Il sistema trasmittente della Microlock si componeva di un oscillatore al quarzo, un'unità moltiplicatrice ed un amplificatore UHF. L'oscillatore al quarzo veniva alimentato a 17,5 V e forniva una portante di 40,0021 MHz con una potenza di 80 mW. Poi seguiva un moltiplicatore x2 di frequenza della portante, che quindi passava da 40,0021 a 80,0042 MHz. Inoltre il moltiplicatore era collegato ad modulatore di fase che acquisiva le tre sottoportanti (una per ogni canale: 1, 2, 3).

Infine c'era un altro moltiplicatore x2 che faceva uscire un segnale portante con una frequenza di 160,0084 MHz alla potenza di 50 mW. Per una legge fisica, se si aumenta la frequenza allora la potenza del segnale si riduce in maniera logaritmica. Così l'unità UHF (sempre alimentata a 17,5 V) si componeva di altri due amplificatore UHF: un x2 (da 160,0084 a 320,0168 MHz) ed un x3 (da 320,0168 a 960,0504 MHz). Dopo questa amplificazione di frequenza, la potenza del segnale scendeva a 15 mW. Infine c'era il triodo UHF, cioè una valvola termoionica, che amplificava la potenza da 15 a 180 mW.

 

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Diagramma a blocchi del trasmettitore

 

In particolare il triodo funzionava nel seguente modo: gli elettroni che fluivano nel filamento a 6,4 V erano attratti da una "griglia" a 8 V e si concentravano così su una maschera anodica. Infatti gli elettroni avendo — per definizione — una carica negativa sono attratti dalle cariche positive, la griglia in questo caso.

Tutto era progettato in maniera tale che l'addensamento degli elettroni producesse un'amplificazione di potenza da 15 a 180 mW per il segnale da 960,05 MHz. Il trasmettitore pesava 498,95 grammi ed aveva un "campo" [range] di circa 1,126 milioni di km. Il suo funzionamento sarebbe iniziato a 13 secondi dal lancio.

L'antenna trasmittente doveva incontrare diversi requisiti: leggerezza, rigidità meccanica, semplicità, ottimo guadagno. Per questo il suo progetto fu estremamente semplice e ingegnoso. La sezione conica fu laminata con un "velo" (spessore: 0,4 mm) di resina epossidica, praticamente lana di vetro. Le dimensioni del cono erano in cm: 23,49 (diametro alla base) e 30,48 (altezza). Infine il guscio conico era coperto da un sottilissimo strato d'oro, il miglior conduttore esistente in natura. Così la punta (alta 8,25 cm) posta al vertice diventava un elemento a dipolo; cioè funzionava da antenna.

 

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La "vista" [sight] dell'antenna rispetto ad una stazione di puntamento terrestre

 

Il corretto orientamento della sonda poteva non verificarsi a causa di errori nel lancio; in questo caso la missione sarebbe fallita. Quindi era necessario definire un "angolo di vista" [viewing angle], denominato α. L'asse di rotazione e la linea sonda-antenna terrestre definivano questo angolo. Per diverse ragioni α poteva essere previsto solo con una precisione modesta. Dato che α era in funzione di una particolare traiettoria, fu necessario dotare l'antenna di un fascio d'ampiezza [beamwidth in gergo] abbastanza largo. Così si poteva "coprire" la maggior parte delle possibili variazioni di traiettoria.

 

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L'energia elettrica veniva fornita da un "pacco" [pack] di 18 batterie “Mallory RM-42R” al mercurio. La loro disposizione ad anello, intorno alla base conica, permetteva di avere il massimo momento di inerzia rispetto all'asse di rotazione. Dal punto di vista elettrico, le batterie erano sistemate in tre gruppi da sei. Ciascuno di questi forniva un'uscita nominale di 7,2 V. L'energia per i circuiti "scalari" (cioè quelli posti all'interno del trasmettitore) derivava da un convertitore statico che produceva 17,5 V. Invece un circuito regolatore di tensione forniva sia i 6,4 V per il filamento del triodo che i 5,5 V a favore dei due contatori Geiger-Müller.

Per programmare una futura missione fotografica era essenziale la riduzione della velocità di rotazione [despin in gergo]. Lo spin rate poteva essere ricavato dalle variazioni di forza nel segnale trasmesso dalla sonda. Tale velocità di rotazione al momento del distacco dal quarto stadio era stimata in 600 giri/minuto. Dopo circa 10 ore di volo, una volta attivato il meccanismo di despin, si sarebbe ridotta a 11 giri/minuto in meno di 0,25 secondi!

Il meccanismo si componeva di contrappesi della massa di sei grammi ciascuno. Questi oggetti metallici erano collegati a due fili in nichrome lunghi 152,4 cm. Ognuno di questi era unito alla sonda grazie ad una feritoia incernierata su un gancio (a sua volta montato nel centro di gravità interno). La disposizione dei due cavi era antitetica: cioè stavano all'opposto l'uno dall'altro. Inizialmente i due cavi erano avvolti intorno al veicolo spaziale; mentre i contrappesi erano chiusi in posizione statica. Una volta attivato l'elemento di rilascio, i contrappesi avrebbero iniziato a penzolare fuori. Conseguentemente i fili si sarebbero subito srotolati. La velocità di rotazione diminuiva rapidamente perché la posizione dei cavi passava dalla tangente al raggio. Praticamente era l'effetto "pattinatrice sul ghiaccio". Nell'ultima fase della de-rotazione [despinning], i fili avrebbero raggiunto una posizione radiale. Il distacco del dispositivo di despin avrebbe portato via anche la maggior parte dell'energia cinetica di rotazione inizialmente accumulata.

 

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Diagramma a blocchi del Pioneer-4

 

Il rilascio del meccanismo di despin era attuato dall'"accensione" [firing] di un dispositivo esplosivo. Questi riceveva il segnale d'innesco dal timer che partiva 3,5 ore prima del lancio. La corrente elettrica per l'accensione era fornita da un "pacco" separato di batterie al nichel-cadmio da 4 V. Il timer idraulico era un semplice sistema a chiusura stagna. Uno "stantuffo" [plunger], caricato a scatto, forzava del silicone fluido contenuto in un tubicino di 76,2 cm. La sequenza degli eventi era determinata dalla loro spaziatura nella piccola conduttura. Quando il flusso di silicone superava un interruttore si "avviava" un evento.

 

STRUMENTAZIONE SCIENTIFICA:

 

1. "tubi" Geiger-Müller;

2. dispositivo di scansione ottica.

 

esperimento 1:

 

erano due tubi GM dalle dimensioni di una sigaretta. Il loro compito ero lo studio delle particelle energetiche nelle regioni intorno la Terra (le famose fasce di Van Allen). Una volta sfiorata la Luna, i tubi GM avrebbero inviato dati sugli elettroni e protoni ad alta energia. Naturalmente questa ricognizione scientifica sarebbe terminata con l'esaurimento delle batterie. Il primo tubo aveva le pareti così sottili da escludere i protoni sotto i 20 MeV oppure gli elettroni con un'energia non superiore a 3 MeV. L'uscita analogica era conteggiata da un circuito binario a 17 stadi. Questa "estensione" di conteggio impediva che l'informazione trasmessa venisse attenuata dalla ridotta ampiezza di banda.  Il canale 2 per l'intensità della ionizzazione ad alto livello (da 5 a 100 Röntgen/ora) veniva modulato nella specifica sottoportante con un VCO.

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Il secondo tubo GM era ricoperto da uno strato di piombo spesso 31,75 cm che esercitava una pressione di 4 grammi/cm². Questa "protezione" [shield] era in grado di far passare le particelle ad alta energia come: protoni sopra i 50 MeV, elettroni con un'energia di almeno 10 MeV, raggi X o/e gamma. Gli impulsi forniti da questo GM venivano prima integrati in un filtro e poi amplificati. Tale segnale proporzionale (da 0 a 10 Röntgen/ora) entrava nel suo VCO.

esperimento 2:

 

le successive missioni Nasa avrebbero sicuramente eseguito una ricognizione fotografica di qualche corpo celeste. In preparazione di questo obiettivo, vennero introdotti un dispositivo diretto (il trigger ottico) e due indiretti (meccanismo di despin e timer idraulico). Il trigger ottico era localizzato nel retro della sonda ed era composto da un sistema di lenti, due cellule fotoelettriche ed elementi logici. Questi servivano per creare un impulso quando un oggetto, di sufficiente dimensione angolare, fosse apparso nel campo visivo del meccanismo. La traiettoria della sonda venne studiata in maniera tale che l'intercettazione avvenisse quando la superficie lunare fosse stata illuminata nella maniera opportuna.

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Comunque dopo la separazione dal quarto stadio del vettore, il trigger ottico sarebbe stato esposto alla vista della Terra. Scandendo la faccia illuminata del nostro pianeta, avrebbe generato un'onda quadra con una variazione di 5 Hz per ogni "vista". Il segnale sarebbe poi confluito nel VCO relativo alla sottoportante del canale 1. Dopo 18 ore di volo veniva attivato un circuito di memoria; intanto la sonda transitando all'opportuna distanza (30-32mila km) dalla Luna avrebbe permesso al trigger di acquisirne la luce e "memorizzare" il segnale nel circuito. Poi l'uscita sarebbe stata teletrasmessa a Terra.

 

Il lancio era inizialmente programmato per il 2 Gennaio 1959 (lo stesso giorno di Luna-1). Ma la necessità di apportare delle modifiche al Juno II, impose un rinvio di almeno 60 giorni. Così alle 05:10:56 del 3 Marzo Able-4 decollò alla testa del piccolo vettore.

 

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03.03.1959, 05:11 — Lancio Able-4

 

Lo stadio 1 [in gergo booster] spinse il carico scientifico alla quota di 70 miglia (112,65 km) con una velocità di oltre 10.000 miglia orarie, circa 16.092,44 km/h. Dopo circa cinque secondi dallo spegnimento del booster, il sistema di propulsione contenente il motore principale ed i serbatoi del propellente si separò dai restanti tre stadi.

 

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Il distacco del primo stadio

 

"muso" e velo di protezione

 

 

Per proteggere la sonda ed i motori dell'ultimo stadio dal riscaldamento aerodinamico, venne usato un "cono" [cone] per l'appunto a forma di cono; questi era costruito in lana di vetro e ricoperto da uno strato di alluminio. Il velo di protezione esterno aveva 15 finestre in plastica ampie 96,77 cm² che permettevano la trasmissione dei segnali radio dalla navicella alle stazione di tracciamento terrestri.

 

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Il distacco del "muso" conico

 

L'accensione del secondo stadio

 

 

Un gruppo anulare di undici motori a razzo formavano il secondo stadio. Entro 37’’ dall'espulsione del cono e velo di protezione, tutte l'oscillazioni transitorie nell'assetto venivano corrette dal compartimento di controllo. L'intera struttura così puntava nella direzione programmata. Un timer elettrico inviò un segnale d'accensione agli iniettori nel motori a propellente solido del secondo stadio.

 

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L'accensione del terzo stadio

 

Un "grappolo" [cluster] di tre motori a razzo costituiva il terzo stadio; questi erano "nidificati" [nested] all'interno dello stadio 2. Entro nove secondi dall'accensione di quest'ultimo stadio, il propulsore si accese grazie ad un timer e sparato fuori. Durante questa fase la velocità di rotazione del vettore rallentò fino a 480 giri al minuto.

 

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L'accensione del quarto stadio

 

Un singolo motore a razzo, chiuso in un alloggiamento conico, costituiva il propulsore del quarto ed ultimo stadio del vettore. Alla sua estremità superiore, dei perni esplosivi ed un morsetto ad anello tenevano il "carico scientifico". Circa 9 secondi dopo l'accensione del terzo stadio, un altro timer accese il motore ad alto rendimento. Ad una quota di 140 miglia (225 km) venne raggiunta la velocità di fuga rispetto alla Terra.

 

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Il distacco del quarto stadio dalla sonda

 

Allo spegnimento del quarto stadio, circa quattro minuti e mezzo dopo il lancio (05:16), l'alloggiamento del propulsore si separò dal carico strumentale. Tale separazione era necessaria perché il dispositivo ottico di scansione si trovava alla base della sonda. Il quarto stadio continuò a viaggiare nello spazio ma in una traiettoria separata. Intanto la stazione di Mavaguez fu informata dall'AMR in quale punto a nord-ovest del suo orizzonte sarebbe apparsa la sonda. Alle 05:17 il segnale fu acquisito dall'MTS, poi venne perso per mezz'ora e riacquisito alle 06:30 dalla stazione di Cape Canaveral e Portorico.

 

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I dati iniziali furono utilizzati per avere previsioni sulla successiva traiettoria. Alle 06:31 i controllori di volo costatarono che c'erano stati degli errori nel lancio. Il secondo stadio aveva funzionato un secondo in meno del previsto...

Così mancavano 302,56 km/h rispetto alla velocità richiesta (39.828 km/h). Inoltre il razzo deviò leggermente dalla traiettoria prevista. Sicuramente la sonda non sarebbe impattata sulla Luna, evento ipoteticamente previsto per le 15:11 del 5 Marzo; ma almeno Pioneer-4 aveva imboccato il "corridoio" verso il nostro satellite naturale.

 

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La traiettoria del Pioneer-4 rispetto alla superficie terrestre

 

Alle 08:00, due ore e 49’ dopo il lancio, l'antenna a Cape Canaveral (“Launch Station”) riacquisì il segnale. Durante il tracciamento iniziale, l'IBM 704 accumulò abbastanza dati per prevedere in quale punto dell'orizzonte a est-sud est sarebbe apparsa la sonda per il complesso di Goldstone. Come previsto, alle 11:47 l'antenna a disco da 25,9 metri acquisì il segnale distante 96.561 km.

Dalle 11:47 per un quarto d'ora ben quattro stazioni (Florida, Portorico, Inghilterra, California) "ascoltavano" il trasmettitore da 180 mW. Alle 12 la temperatura nell'alloggiamento internò toccò i 40 °C. Alle 12:02 Launch Station perse il collegamento perché era stata superata la sua distanza massima di ricezione (100.000 km). Anche il radiotelescopio inglese non poté più seguire la navicella ma perché non era più nel suo orizzonte. Alle 14 al temperatura all'interno del veicolo spaziale si stabilizzò sui 40 °C.

 

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Alle 16:31 il timer idraulico attivò il meccanismo di despin che rallentò la velocità di rotazione da 420 ad 11 giri al minuto. Alle 17:16:48 Pioneer-4 era in un'orbita solare con questi parametri: 0,98 x 1,13 UA; 298 giorni. Alle 18:11 la Terra distava 150.000 km; dieci minuti dopo l'MTS di Mavaguez perse definitivamente il segnale. Da allora in avanti solo il radiotelescopio di Jodrell Bank e l'antenna a disco di Goldstone potevano seguirlo. Alle 21:04 la stazione californiana terminò la sua copertura di 9 ore; la Terra era distante 188.293 km.

 

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L'angolo di elevazione (γ) del Pioneer-4 rispetto alle stazioni di tracciamento in funzione del tempo

 

- 4 Marzo 1959 -

 

| fly-by della Luna |

 

Il radiotelescopio di Jodrell Bank seguì la sonda dalle 05:23 alle 12:23. Intanto il computer al JPL calcolò il nuovo punto nell'orizzonte dove puntare l'antenna di Goldstone. Come previsto, alle 12:33 il segnale fu riacquisito da una distanza di 313.822 km. La navicella, che viaggiava a 7741 km/h, si trovava in una posizione nello spazio dove le forze gravitazionali della Terra e del Sole erano quasi uguali. A causa della rotazione terrestre, la sonda tramontò come una stella dietro le colline del deserto californiano; alle 21:14 il segnale si perse.

Secondo i calcoli, alle 22:24 Pioneer-4 transitò a 60.028 km dalla superficie lunare (ai 7,2° est e 5,7° sud) alla velocità relativa di 7.230 km/h. Purtroppo la distanza di transito fu troppo elevata per far funzionare il trigger ottico. La luce riflessa dalla faccia nascosta della Luna (al suo 23° giorno d'età) non fornì alcun dato. In conseguenza del fly-by, i parametri orbitali diventarono: 0,987 x 1,142 UA; 394,75 giorni; 1,3° d'inclinazione.

Alle 11:37 del 5 Goldstone riuscì a ripristinare per la terza volta il contatto con la sonda, distante 487.631 km. La sua velocità rispetto al Sole (v. eliocentrica) era di 6759 km/h. Il collegamento fu mantenuto per otto ore; quando la navicella "tramontò" era distante ben 547.177 km.

Alle 11:50 del 6 la stazione di Goldstone fece la quarta ed ultima acquisizione del segnale proveniente da 642.128 km. La navicella aveva ampiamente battuto il record di Luna-1 conseguito il precedente 5 Gennaio. Pioneer-4 fu seguito fino alle 15:15 (ottantadue ore e quattro minuti dopo il lancio), poi si esaurirono le batterie di bordo. In quel momento la velocità radiale rispetto alla Terra era di 6.244,24 km/h. Così la massima distanza di collegamento fra una sonda spaziale ed il nostro pianeta si "fermò" a 654.389,83 km.

 

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Alle 01:00 del 18 Marzo, Pioneer-4 raggiunse il primo perielio (91,7 milioni di km) ad una velocità eliocentrica di 30,9 km/s. Il primo afelio (circa 106 milioni di km) fu toccato il 29 Settembre 1959 ad una velocità eliocentrica di 26,6 km/s. Nel 1971 la Terra e la sonda si sono trovate ad una distanza di un milione di miglia, abbastanza "vicino" perché la gravità terrestre influenzasse la traiettoria del veicolo spaziale. Da allora non è stato più osservato in prossimità del nostro pianeta.

 

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L'informazioni scientifiche fornite dai tubi GM confermarono l'esistenza delle due fasce di Van Allen. Inoltre ne venne individuata una terza a circa 91.000 km dalla Terra: era estesa per non più di 80 km e composta da elettroni.

Rispetto alle misurazioni eseguite da Pioneer-3, il "picco" del contatore non schermato era 100.000 volte il normale valore di raggi cosmici nello spazio cislunare. La probabile causa fu attribuita alla quantità di "brillamenti" [flare solari] nei sei giorni precedenti al lancio. Infatti un'intensa tempesta magnetica investì l'atmosfera terrestre; la prova evidente furono delle aurore viste per cinque notte consecutive.

Apparentemente il Sole sembrava l'unica sorgente delle particelle intrappolate dal campo magnetico terrestre nella fascia di Van Allen superiore. Il drastico cambiamento d'intensità in soli tre mesi (12.1958-03.1959) indicava che il "tempo di vita" delle particelle nella fascia superiore poteva essere di qualche anno, forse settimane, ma certamente non anni.

L'assenza di una variazione d'intensità nella fascia inferiore suggeriva che quelle particelle non provenivano dal Sole. Valutando i dati trasmessi da oltre 650.000 km (103 volte il raggio della Terra), Van Allen scrisse che [la navicella] confermò l'esiste nza delle zone interne/esterne della regione di "intrappolamento" geomagnetico e rilevò che nelle zone esterne l'intensità delle radiazioni varia in maniera sensibile … .

 

RINGRAZIAMENTO:

Vorrei ringraziare l'amico Paolo Ulivi per avermi chiarito alcuni dubbi sulla missione. Inoltre mi ha indicato e fatto correggere dei dati errati. Nella fattispecie, l'orbita di Pioneer-4 intorno al Sole non poteva essere inclinata di 29,9°. Infatti lanciare una sonda su un'orbita solare così inclinata sarebbe stato difficile persino per il gigantesco vettore Saturn V (quello usato le navicelle Apollo). Il vettore Juno II aveva una limitata capacità di spinta; quindi 1,3° sì, ma certo non 29,9°! Infine Paolo mi ha "delucidato" su due disegni simili che riassumevano la copertura delle stazioni terrestri per la missione. Ringrazio anche ‘Kappa′ per avermi dato spiegato l'esatto funzionamento di una valvola termoionica e delle portanti e sottoportanti di un segnale modulato in frequenza.

 

FONTI, RIFERIMENTI, LINK DEL MATERIALE UTILIZZATO PER QUESTA SCHEDA

 

x FOTO, SCHEMI, IMMAGINI, DISEGNI, DIAGRAMMI A BLOCCHI, GIF:

 

- diagramma (1): Technical Release 34-26 (“Evalutation of Pioneer IV orbit-determination program”), pagina 27 - LINK;

- immagine con diagramma (2): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 19 - LINK;

- schema (3): Technical Release 34-11 (“Pioneer III and IV space probes”), pag. 26 - LINK;

- foto (4): LINK;

- schema (5): Technical Release 34-11, pag. 20 - LINK;

- immagine (6): External Publication number 647 (“Temperature control in … Pioneer space probes”), pag. 55 - LINK;

- immagine (7): Technical Release 34-11, pag. 22 - LINK;

- diagramma (8): Technical Release 34-11, pag. 22;

- schema (9): Technical Release 34-11, pag. 24;

- foto (10): LINK;

- diagramma (11): Technical Release 34-11, pag. 21 - LINK;

- schema (12): Technical Release 34-11, pag. 20 - LINK;

- schema (13): Technical Release 34-1, pag. 20 - LINK;

- foto (14): LINK;

- immagine (15): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 10 - LINK;

- immagine (16): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 10;

- immagine (17): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 10;

- immagine (18): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 10;

- immagine (19): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 11;

- immagine (20): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 11;

- immagine (21): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 11;

- immagine (22): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 9;

- schema (23): LINK;

- immagine (24): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 11;

- schema (25): Technical Release 34-26, pag. 31;

- schema (26): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 18;

- disegno (27): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 7;

- disegno (28): LINK;

- schema (29): “The moon probe Pioneer IV”, pag. 15.

 

x il TESTO:

 

• National Space Science Data Center, 1958-008A (Pioneer-3);

• National Space Science Data Center, 1959-013A (Pioneer-4);

• Space.40, 1958-008A [nota: il testo è in ceco];

• Space.40, 1959-013A;

• AstroLink.de, LINK [nota: il testo è in tedesco];

• Epizodsspace.narod.ru, Biblioteka, Biblioteka, 1960 - LINK [nota: il testo è in cirillico];

• Idio.kemsu.ru, Space, AMS, (“Pioneer 3-4”), LINK [nota: il testo è in cirillico];

• Deep Space Chronicle, 1958 - LINK [file pdf];

• Deep Space Chronicle, 1959 - LINK;

• Deepspace.jpl.nasa.gov (“History”, 1950's, Pioneer Station at Goldstone, California) - LINK;
• Deepspace.jpl.nasa.gov (“History”
, 1950's, Mobile Tracking Station) - LINK;

• Paolo Ulivi (“L'ESPLORAZIONE DELLA LUNA”, 28.12.2002), pagg. 23-25;

• Jodrell Bank Observatory (“Jodrell Bank's role in early space tracking activities - Part 1), LINK;

• Sven's space place (“Mission profiles of early U.S. lunar probes”), LINK;

• NASM Space Artifacts (“Pioneer IV”), LINK;

• NASM, (“Apollo to the Moon”) - LINK;

• Sven's space place ("Space Frequency Listing, 700-1600 MHz, Downlink”) - LINK;

• Nasa-JPL (“The moon probe Pioneer IV”), LINK [file pdf · 61,5 MB · 24 pagine];

• JPL Technical Release 34-26 (“Evalutation of Pioneer IV orbit-determination program”), LINK [file pdf · 12,8 MB · 39 pagine];

• JPL Technical Release 34-11 (“Pioneer III and IV space probes”), LINK [file pdf · 11,1 MB · 27 pagine];

• JPL External Publication number 647 (“Temperature control in the Explorer satellites and Pioneer space probes”), pagg. 29-32 - LINK [file pdf · 2,57 MB · 57 pagine];

• JPL Technical Report 1993-0349 (“The original and Evolution of the Deep Space Network”), pagg. 1-15; LINK [file pdf · 2,39 MB · 58 pagine];

• Nasa SP-2001-4227 (“Uplink-Downlink, A history of the Deep Space Network 1957-1997”), pagg. 55-60; LINK [file pdf · 27,9 MB · 736 pagine];

• JPL Technical Memorandum 33-205 (“DISF: GOLDSTONE”), pagg. 5, 9-10, 13-14, 21-22, 24-26, 28; LINK [file pdf · 35,8 MB · 33 pagine];

• Nasa (“Aeronautics and Astronautics Chronology, 1958”) - LINK;

• Nasa (“Aeronautics and Astronautics Chronology, 1959”) - LINK;

• Saguaro Astronomy Society (“The great Moon race: in the beginning...”); June 1992 - Issue #185, LINK.

 

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