Luna-9/ALS
È da ritenersi il primo veicolo spaziale ad aver effettuato un un "atterraggio morbido" su un corpo extraterrestre, la Luna in questo caso. Nella fattispecie, l'allunaggio fu perfetto tanto che la sonda riuscì a riprendere sia immagini, che raccogliere dati dalla superficie lunare.
DALLA "RETE" OKIK AL SISTEMA DI TRASMISSIONE “PLUTON”
Nel 1956 per la missione dello Sputnik fu creata una "rete" di stazioni di misurazioni scientifiche (NIP), che verrà denominata OKIK (Otdel'niy Komandno-Izmeritel'niy Kompleks, 'Complessi di misurazione e controllo separato'). Nel 1957 si componeva di tredici NIP: Baikonur vicino all'IP-1 (NIP-1), Makat vicino la città di Guriev (NIP-2), Sary-Shagan (NIP-3), Eniseisk nella Siberia occidentale (NIP-4), Iskhupi (NIP-5), Yelizovo nella penisola della Kamchatka (NIP-6), Klyuchi (NIP-7), Bolshevo ad nord-est di Mosca (NIP-8), Krasnoye Selo vicino San Pietroburgo (NIP-9), Simferopoli sul Mar Nero (NIP-10), Sartichata vicino Tbilisi in Georgia (NIP-11), Kolpashevo/Novosibirsk (NIP-12), Ulan-Ude vicino al Mar Nero (OKIK-13).
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Le tredici "stazioni di misurazioni scientifiche" (NIP) nel 1957, dalla prima più ad ovest (NIP-10) all'ultima più ad est (NIP-6).
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Le stazioni della "rete" OKIK nel 1958-59; il numero accanto al punto cerchiato corrisponde alla stazione.
Poi con le missioni di Luna-1, 2, 3 (1959) si aggiunse la "stazione" del monte Kochka, vicino Simeiz in Crimea. Comunque OKIK con le sue antenne paraboliche, quelle nelle stazioni OKIK-10 (Simferopoli in Crimea) e OKIK-6 (Yelizovo sul Pacifico), poté seguire le sonde fino ad un massimo di 600.000 km.
per seguire le sonde lunari si dovevano utilizzare l'antenne in dotazione
Nel 1959 su proposta di Sergej P. Korolev (1907-66) e Mstislav V. Keldysh (1911-78) venne deciso di costituire un sito specifico per "tracciare" le missioni nello spazio profondo. Alla fine ne furono costruiti due: il primo (quello occidentale) sarà l'OKIK-16 a Yevpatoriya in Crimea sul Mar Nero, mentre il secondo (quello orientale) sarà il complesso OKIK-15 a Ussuriysk sulla penisola della Kamchatka sul Pacifico. Entrambi questi centri iniziarono ad operare nel 1962.
IL CENTRO DI CONTROLLO E GESTIONE DELLA MISSIONE, IL SISTEMA DI TRASMISSIONE "PLUTON"
Nel 1959 su proposta di Korolev e Kaldysh venne deciso di costituire un sito specifico per "tracciare" le missioni nello spazio profondo. Alla fine ne furono costruiti due: il primo (quello occidentale) sarà l'OKIK-16 a Yevpatoriya in Crimea sul Mar Nero, mentre il secondo (quello orientale) sarà il complesso OKIK-15 a Ussuriysk sulla penisola della Kamchatka sul Pacifico. Entrambi questi centri iniziarono ad operare nel 1962.
Il centro occidentale diventerà più importante di quello orientale perché a Yevpatoriya venne utilizzato un particolare sistema di "tracciamento" ed invio comandi denominato “Pluton”. Grazie ad un'antenna parabolica da 100 metri di diametro e otto "coppe" da 16 metri si poteva comunicare fino alla distanza di 300.000.000 km. Comunque la "visibilità" (cioè avere la sonda sopra l'orizzonte) per l'antenne nel cielo della Crimea era di massimo 12 ore. Però con il centro di Ussuriysk sul Pacifico si poteva prolungarla di altre sei ore.
Forse il complesso di Yevpatoriya era costituito da tre complessi, separati di diversi km: uno progettato per inviare comandi e l'altro per ricevere informazioni. Ogni complesso aveva otto antenne con un diametro ciascuna di 16 metri. Il centro per le comunicazioni con lo spazio profondo di Yevpatoriya divenne operativo il 30.12.1960. Nel 1962 come supporto alle missioni lunari furono aggiunte le stazioni OKIK-41E, OKIK-42E, OKIK-10 di Simferopoli (distante 64,1 km da Yevpatoriya) e OKIK-14 di Schyolkovo (30,35 km da Mosca)
In particolare il complesso OKIK-10 era dotato di un'antenna TNA-400 dal diametro di 32 metri che usava il “Pluton”. Un disco parabolico di questo tipo era capace di trasmettere e ricevere, ma solo in analogico. L'invio dei comandi avveniva sui [GHz]: 0,77 (alla potenza di 40 kW) e 0,18 GHz (40 kW). Invece la ricezione dei dati e della telemetria avveniva alle frequenze di 0,18; 0,92; 5,80 [GHz].
Il complesso OKIK-14 disponeva di due antenne P-400 che utilizzavano il sistema di ricezione dati “Saturn”. Ognuna di queste antenne poteva ricevere dati e trasmettere comandi in digitale. Come per le altre missioni interplanetarie (Venera, Mars, Zond), il centro di controllo principale rimaneva quello di Yevpatoriya.
LA DEFINIZIONE DEL PROGRAMMA "E-6" E DEI SUOI MOLTI TENTATIVI
Per arrivare a questa tappa (l'allunaggio "morbido") furono fatti molti tentativi, solo da parte sovietica. Ecco il resoconto sulle tentate missioni suddivise per anno. In ogni caso, il programma robotico lunare era inestricabilmente collegato al piano lunare pilotato (fra cui il progetto "L3", portare un sovietico sulla Luna). Già nel 1958 Korolev aveva proposto una serie di sonde ("E-1", "E-2", "E-3", "E-4") per un'iniziale esplorazione della Luna. Dei nove lanci della prima generazione di sonde ("E-1") solo tre si conclusero con un successo: Luna-1 (prima sonda a sfiorare il nostro satellite ed inserirsi in orbita solare), Luna-2 (primo oggetto costruito dall'uomo a schiantarsi sulla superficie selenica), Luna-3 (prima ricognizione fotografica di un corpo celeste, la faccia nascosta della Luna). Erano sì navicelle piccole e modeste, specie le prime due, ma inaugurarono una gloriosa era di esplorazione robotica lunare. Dal 1959 Korolev stava già pianificando una più ambiziosa famiglia di sonde: l'"E-6" (per un allunaggio morbido) e l"E-7" (per l'inserimento in orbita lunare). Nel Gennaio 1960 il governo sovietico approvò in via preliminare il lavoro su queste due classi di sonde.
1963 - Il 4 Gennaio alle 08:49, decollò la sonda prima "E-6" sospinta da un razzo "Molniya 8K78/E6" che lo pose in un'orbita di stazionamento terrestre (151 x 151 km ; 87,5’; 64,9°). Ma poco più di un'ora dopo (09:55) lo stadio finale non funzionò a causa di un guasto ad un trasformatore del sistema elettrico. La navicella, insieme allo stadio finale, rimase "incagliata" in un'orbita terrestre molto bassa (151? x 151? km ; 67,5’; 46,9°). I sovietici gli assegnarono il nome Sputnik-25, mentre l'U.S.N.C.S. (U.S. Naval Command Satellite) nel suo U.S.N.C.S.S.S. (U.S. Naval Command Satellite Situation Summary) lo classificò come Sputnik 33. Il 5 Gennaio Sputnik-25 rientrò nell'atmosfera terrestre disintegrandosi per l'attrito. Il 3 Febbraio alle 09:29:14, decollò la seconda "E-6" alla testa del solito razzo "Molniya 8K78/E6". Dopo 105" di volo, alle 09:30:59, il giroscopio per la traiettoria dello stadio 4 iniziò a discostarsi dai valori nominali. Così alle 09:34:09 (5’ e 55" dopo il lancio) il sistema di controllo dell'assetto fu perso dopo la separazione dello stadio 2. Sonda e vettore ricaddero nell'oceano Pacifico vicino all'isole Midway. L'U.S.N.C.S. catalogò questa navicella, denominandola Luna-1963B. Il 2 Aprile alle 08:17, venne lanciata la sonda "E-6" n. 3 su un razzo "Molniya 8K78/E6". Alle 08:24 il vettore pose la navicella in un'orbita di stazionamento (176 x 176 km ; 88’; 65°). Alle 09:34 lo stadio finale si accese, imprimendo la velocità di fuga al veicolo spaziale (che venne poi "battezzato" Luna 4). Ma il giorno dopo ci fu un guasto al sistema di navigazione spaziale. Così la necessaria manovra di correzione della traiettoria non poté essere eseguita. Luna 4 "mancò" la Luna di 8336 km alle 01:26 del 6 Aprile. Poi si pose in un'orbita geocentrica (89.800 x 698.000 km ; 291,66 giorni) che diventò poi un'orbita solare.
1964 - Il 21 Marzo alle 08:15:35, decollò la sonda "E-6" n. 4 sospinta da un razzo "Molniya 8K78M". Dopo 290" di volo, alle 08:20:25, si presentò un'anomalia nello stadio 3. Alle 08:23:24 (7’ e 49" dopo il decollo) detto stadio si spense prima del previsto; così gli stadi superiori del razzo rientrarono nell'atmosfera. I sovietici non assegnarono nemmeno un nome a questo oggetto lanciato. Mentre l'U.S.N.C.S. lo classificò come Luna-1964A. Alle 08:08:28 del 20 Aprile fu lanciata la "E-6" n. 5 con l'ausilio di un "Molniya 8K78M". Dopo 340" di volo, alle 08:14:08, il sistema di controllo si guasto e i motori dello stadio 3 si spensero prima del previsto. La causa possibile fu attribuita ad un guasto nel sistema elettrico (fra la batteria ed un trasformatore DC). Gli stadi superiori rientrarono nell'atmosfera. Anche questa volta, i sovietici non assegnarono un nome al loro oggetto lanciato. Invece l'U.S.N.C.S. lo classificò come Luna-1964B.
L'OKB-1 (Opitnoye Konstruktsioniye Byuro, Ufficio di Progettazione Sperimentale) di Korolev iniziava ad essere troppo oberato dl lavoro. Così a partire dal 2 Marzo 1965, le gestione e realizzazione delle missioni lunari e interplanetarie senza equipaggio iniziarono ad essere trasferite all'NPO (Nauchno Proizvodstvennoye Obyedinyeniye, Organizzazione di Produzione Scientifica). Questo ente era stato creata alla fine degli anni 30 da Semyon A. Lavochkin (1900/60). Inoltre l'"NPO Lavochkin" da quel 2 Marzo 1965 fu guidato da Georgi N. Babakin (1914/71). Probabilmente Korolev era anche amareggiato dall'incredibile serie di fallimenti registrati dalle missioni "E-6".
1965 - Il 12 Marzo alle 09:36, decollò un'altra sonda "E-6" (la numero 9) a bordo del vettore "Molniya 8K78M". L'inserimento nell'orbita terrestre di stazionamento (195 x 248 km ; 88,93’; 64,72°) avvenne con successo, Ma poi il motore dello stadio finale non si accese per un guasto ad un trasformatore nel sistema di controllo. Così la navicella, staccatosi poi dallo stadio 4 (tanto che questi "rientrò" il 16 Marzo), rimase in un'orbita terrestre molto bassa: 195 x 248 km ; 88,93’; 64,72°. Secondo la prassi, alla sonda venne assegnato il nome Cosmos con 60 come numero. Il 17 Marzo, dopo 5 giorni in orbita, Cosmos 60 rientrò nell'atmosfera disintegrandosi. Visto che quattro (delle sei) sonde "E-6" lanciate erano fallite a causa di guasti all'impianto elettrico, furono attuati dei correttivi. In effetti in queste sei missioni il sistema di controllo dell'assetto era stato tolto dagli stadi del vettore "Molniya" e posto unicamente nella sonda. Considerando che il sistema di controllo dell'assetto e il sistema elettrico elettrico erano collegati, venne pensato di separarli nuovamente. Inoltre vennero sostituiti vari componenti per le successive sonde "E-6", come ad esempio il convertitore da corrente continua ad alternata sospettato di aver provocato almeno 3 fallimenti. Il 10 Aprile, la sonda "E-6" n. 8 decollò sospinta da un vettore "Molniya 8K78M". Purtroppo il motore dello stadio 3 non si accese a causa della depressurizzazione nel serbatoio dell'ossigeno. Gli stadi superiori del vettore ricaddero poco dopo nell'atmosfera disintegrandosi. Nell'U.S.N.C.S.S.S. questo oggetto venne classificato come Luna-1965A. Alle 07:50 del 9 Maggio, decollò la sonda "E-6" n. 10 utilizzando il medesimo vettore "Molniya 8K78M". L'inserimento in orbita di stazionamento terrestre (151 x 217 km ; 88,25’; 64,78°) andò alla perfezione. Alle 08:56 lo stadio finale del vettore inserì la navicella (poi "ribattezzata" Luna 5) in una traiettoria verso la Luna. Alle 23:00 del 10 Maggio, il propulsore di bordo venne acceso per correggere la traiettoria quando la Terra era distante 260.000 km. Il 15 Marzo, a 40 km dalla superficie lunare, la navicella perse il giusto orientamento. I retrorazzi così non si accesero e alle 19:10 (5’ prima del previsto) Luna 5 si disintegrò al suolo alle coordinate 31° sud, 8° est (2° sud e 25° ovest secondo un'altra fonte). Un nuvola di polvere (220 x 80 km) sollevatesi con l'impatto dice che fu osservata per 20’ dall'osservatorio tedesco di Rodeswich, ma la notizia è probabilmente falsa. Alle 07:40 dell'8 Giugno un vettore "Molniya 8K78M" decollò con la sonda "E-6" n. 7 (poi chiamata Luna 6). L'inserimento nell'orbita terrestre di stazionamento (167 x 246 km ; 88,65’; 64,65°) e l'accensione dello stadio finale (alle 08:47) per imboccare la traiettoria verso la Luna andarono alla perfezione. Ma il 9 Giugno, un comando errato fece consumare tutto il carburante durante la consueta manovra di correzione di traiettoria. Naturalmente la Luna venne mancata, precisamente di ben 159.612,8 km alle 17:00 dell'11 Giugno. In seguito Luna 6 si dovrebbe essere inserita in un'orbita solare. Comunque i tecnici sovietici effettuarono a titolo d'esercitazione la complessa manovra di distacco del lander finché il contatto rimase attivo (fino a 600.000 km dalla Terra). Il 6 Settembre il previsto lancio della sonda "E-6" n. 11 fu posticipato di un mese a causa di problemi ai primi due stadi del vettore scoperti nella fase di pre-lancio. Alle 07:57 del 4 Ottobre decollò la navicella "E-6" n. 11 (poi denominata Luna 7) a bordo di un "Molniya 8K78". L'inserimenti nell'orbita terrestre di stazionamento (129 x 286 km ; 88,62’; 64,75°) e in un traiettoria verso la Luna, andarono come previsto. Anche la manovra di correzione della traiettoria, eseguita il 5 Ottobre, andò alla perfezione. Quando la navicella arrivò in prossimità della Luna, doveva orientarsi in maniera parallela alla verticale locale. Infatti le navicelle "E-6" potevano allunare con successo solo se arrivavano perpendicolarmente alla superficie. Una zona della Luna che permetteva di soddisfare questa condizione di meccanica celeste era il "Mare delle Tempeste" (Oceanus Procellarum). Con l'uso di tre sensori (rivolti verso la Terra, il Sole e la Luna) era possibile determinare il giusto assetto. Ma purtroppo il sensore terrestre di Luna 7 "perse" il nostro pianeta, la mancanza d'assetto comportò lo spegnimento del retrorazzo secondo quanto previsto dal programma di bordo. La sonda guadagnò velocità e si sfracellò alle 22:08:24 del 7 Ottobre alle coordinate 9° nord e 40° ovest (vicino al cratere Keplero). Il Cremlino vista la serie lunghissima di fallimenti, di cui gli ultimi due avvenuti ad un passo dall'allunaggio, minacciò la cancellazione dell'intera famiglia "E-6". Solo l'intervento decisivo di Korolev salvò il programma. Intanto Babakin decise di apportare dei miglioramenti alle successive "E-6": diversi scudi anti-urto, un sistema di guida indipendente basato sull'orientamento stellare e nuovi metodi di controllo radio dalla Terra. Il 3 Dicembre alle 10:46, decollò un "Molniya 8K78" con a bordo "E-6" numero 12 (Luna 8). L'inserimento in un'orbita terrestre di parcheggio (169 x 209 km ; 88,20’; 51,82°) fu attuata senza problemi. Alle 11:53 lo stadio di fuga inserì la navicella in una traiettoria verso la Luna. Alle 19:00 del 4 Dicembre, la manovra di correzione della traiettoria venne eseguita correttamente. Avvicinandosi il momento dell'accensione del retrorazzo, partì l'ordine di gonfiare l'airbag dove era alloggiato il lander. Però una sporgenza di questi forò un emisfero che cominciò a perdere. Questo getto imprevisto come un piccolo razzo cambiò in maniera irreversibile l'assetto alla navicella. Il retrorazzo si accese puntualmente, ma la lenta rotazione della navicella (impressa dal getto) fece spegnere il KTDU dopo soli 9". Così Luna 8 si schiantò alle 21:51:32 del 6 Dicembre ad Est del "Mare delle Tempeste" (9,13° nord e 63,30° ovest) con una velocità di 10-20 m/s (36-72 km/h).
DESCRIZIONE DELLA SONDA
La sonda modello "E-6M" (evoluzione della "E-6") era divisa in: modulo di viaggio e modulo strumentale.
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1) Motore a razzo al propellente liquido (KTDU).
2) Modulo distaccabile con il sistema di orientamento stellare.
3) Capsula contenente l'ALS.
4) Sistemi di controllo.
5) Modulo distaccabile con il sistema di collegamento radio.
6) Altimetro radar. |
MODULO DI VIAGGIO (KA:Kosmicheskiy Apparat, Sezione Cosmica - bus in gergo astronautico)
La metà inferiore era occupata dal modulo propulsivo denominato KTDU modello "5A" (Korrektiruiushaia Tormoznaia Dvigatelnaia Ustanovka, Motore di Correzione della Traiettoria e di Frenatura). Questo propulsore era capace di fornire, per due volte in assenza di peso, una spinta di 45,5 kN (4,64 tonnellate forza). Il KTDU era alimentato da un carburante a base aminica (contenuto in un serbatoio toroidale) e da un ossidante (acido nitrico contenuto in un serbatoio sferico dal diametro di 89 cm). Entrambi i serbatoi pesavano 90,2 kg; comunque la loro forma era tale che i loro momenti di inerzia sarebbero stati minimi rispetto all'intero veicolo spaziale. La quantità dei propellenti a disposizione (circa 816,46 kg) era tale da permettere sia la manovra di correzione della traiettoria sia il rallentamento nella discesa finale. Infatti il retrorazzo KTDU doveva fornire prima una spinta costante (per la manovra di correzione) e poi un ampio frenaggio (per la discesa). In particolare il KTDU doveva portare la velocità rispetto la superficie lunare da 2,6 km/s (9360 km/h) a 10-30 m/s (36-108 km/h). Il propulsore principale (diametro massimo: 170 cm ; altezza: 190 cm ; peso: 48 kg) aveva quattro camere di combustione laterali da 245 N di spinta. Queste venivano usate per il controllo dell'assetto durante l'accensioni.
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Il modulo di viaggio conteneva le batterie, il sistema di telecomunicazioni (trasmissione sui 183,538 MHz) ed il sistema di controllo dell'assetto (ugelli, giroscopi e sensori verso Terra, Sole e Luna). All'esterno c'erano: il sistema di orientamento stellare Jupiter (unità ottiche, sensori di velocità angolari e unità logiche di calcolo), i tre serbatoi sferici d'azoto compresso (da usarsi sia per gonfiare l'airbag, che per alimentare gli ugelli). Inoltre era presente anche un sistema goniometrico "Iaye-6" che trasmetteva sui 9,4 GHz: praticamente un altimetro radar. Alcuni sistemi ausiliari e di controllo, l'altimetro, i serbatoi e gli ugelli dell'azoto (per una massa totale di circa 299,37 kg) venivano sganciati prima dell'accensione del KTDU per risparmiare peso nella discesa.
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1) Capsula contenente l'ALS.
2) Sistema di controllo,
3) Sistema ausiliario distaccabile.
4) Sistema ausiliare distaccabile.
5) Motore a razzo al propellente liquido (KTDU).
6) Camere di combustione per il controllo della rotazione (quattro).
7) Serbatoio sferico dell'ossidante.
8) Serbatoio toroidale del propellente.
9) Microugelli all'azoto compresso (tre).
10) Serbatoi dell'azoto compresso (tre).
11) Altimetro radar.
12) Antenna parabolica a direzionalità stretta. |
Sempre per risparmiare peso, le sezioni distaccabili potevano ridurre la pressione al loro interno. Infatti dopo la partenza del razzo, le valvole dei moduli distaccabili si aprivano. Quando la pressione esterna calava fino ai 100 mbar, allora le valvole si chiudevano. Così i moduli distaccabili venivano sigillati ermeticamente per tutto il viaggio. Comunque la pressione nel sistema di controllo si attestava sempre sulle 1,2 atmosfere. Il controllo di tutti i processi di bordo era automatico, da Terra venivano inviati solo i dati iniziali. Nella telemetria erano presenti anche i valori di pressione/temperatura registrati in tutti i compartimenti sigillati. La navicella era alta, dall'estremità del retrorazzo alla sommità dell'airbag, 271,27 cm. Inoltre aveva un diametro massimo di un metro ed un peso di circa 1540,85 kg (comprensivo dei propellenti, dell'azoto e del lander).
MODULO STRUMENTALE (ALS: Avtomaticheskaya Lunnaya Stantsiya, Stazione Automatica Lunare)
Dentro l'airbag, costituito da due emisferi gonfiati con azoto alla pressione di 1013 mbar, c'era il lander (soprannominato "uovo"). La speciale protezione permetteva all'"uovo" di sopravvivere ad un impatto al suolo con una velocità compresa fra i 4 e 24 m/s (14,4-86,4 km/h). Il modulo strumentale era una sfera metallica avente un diametro di 58,42 cm. Dalla cima delle 4 antenne a stilo al fondo della capsula c'erano 112 cm. Mentre da "petalo" a "petalo" la distanza era 160 cm. La distribuzione del peso nel lander era tale che il centro di gravità era vicino alla base.
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Sul retro di ogni sportello ricurvo ("petalo") c'era un'antenna "a lobo" che inviava le immagini. Le trasmissioni erano modulate in frequenza sui 183,538 MHz. Forse c'erano anche altri trasmettitori (sui 922 MHz), ma è non sicuro. Attaccato ad ognuna delle quattro antenne "a stilo" (che ricevevano da Terra sui soliti 768 MHz) pendeva un bersaglio di calibratura. Con ognuno di questi dispositivi (Ø 2 cm) era possibile stimare l'inclinazione del lander. Nell'unico alloggiamento interno, ermeticamente sigillato, c'erano: le batterie chimiche, l'equipaggiamento radio, i dispositivi elettronici programmati a tempo, gli strumenti di automazione ed infine i sistemi per il mantenimento della temperatura interna fra 18,8 e 30 °C. La regolazione termica veniva attuata grazie piccoli serbatoi d'acqua, una ventola ed un elettrovalvola. La ventola faceva in modo che il trasferimento di calore andasse dai dispositivi interni al vapore acqueo e da questi ai radiatori. Un sistema d'automazione abilitava il comando per aprire/chiudere l'elettrovalvola a seconda della temperatura del vapore acqueo. Quando la valvola era aperta, dall'unità dei serbatoi sotto pressione l'acqua procedeva verso il vaporizzatore. Più acqua passava, più alta era la temperatura nella valvola. Quando questa veniva chiusa, l'evaporazione dell'acqua e l'eliminazione del calore cessava. La capsula pesava almeno 99,79 kg (105-112 kg compreso l'airbag di protezione).
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1) Antenna trasmittente "a lobo" (quattro).
2) Antenna ricevente circolante su un perno (quattro).
3) Sistema ausiliari distaccabile.
4) Specchio diedrale (tre).
5) Telecamera panoramica. |
STRUMENTAZIONE SCIENTIFICA DEL MODULO STRUMENTALE
1) fotopolarimetro ;
2) tubo di "scarica" a gas / contatore Geiger-Müller ;
3) spettrometro per i raggi gamma (?).
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ra una telecamera panoramica molto sofisticata: poteva riprendere "panorami" di 6000 colonne per 250 righe e l'errore nella scansione meccanica non superava i 0,3 elementi televisivi. Inoltre il fotopolarimetro pesava solo 1,3 kg e consumava appena 2,5 W. Dietro comando da terra, la telecamera poteva scansionare: avanti, dietro oppure ad una velocità x4 (questo opzione veniva usata per una "vista veloce"). Si generava così un segnale video analogico di: frequenza pari a 250 Hz e modulato (sempre in frequenza) su una sub-portante di 1500 Hz. Tutto veniva poi modulato in fase sulla portante telemetrica di 183,538 MHz. Praticamente la velocità di invio delle immagini era di circa 250 pixel al secondo. Un "panorama" poteva trasmesso inviato a Terra in circa 100 minuti (1 h e 40’). Il dispositivo dietro comando seguiva tre possibili regimi operativi: 1) una linea a secondo in senso orario ; 2) una linea al secondo in senso antiorario ; 3) "vista veloce" in una delle due direzioni. |
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Lo schema del fotopolarimetro. |
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La telecamera dall'esterno. |
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La telecamera all'interno |
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La struttura della telecamera era simile ad un periscopio: uno specchio (1), un meccanismo (2) e l'obiettivo (3), che poteva muoversi in due modi: oscillare rispetto alla verticale (la linea di scansione) e ruotare sul piano orizzontale. La rotazione della lente si completava in circa 20'. Gli spostamenti dello specchio e quelli della lente avvenivano grazie ad un motore (4). Infine il flusso passava attraverso un diaframma (5), posto sul piano focale dell'obiettivo, per essere registrato da un ricevitore luminoso (6). Questo dispositivo, una valvola termoionica a cinque elementi, non faceva altro che convertire la luminosità ricevuta in segnali elettrici. L'angolo relativo al piano orizzontale (quindi perpendicolare all'asse di rotazione) era ampio 29°: diciotto sotto ed undici sopra. In questo modo era sicura la ripresa del suolo lunare; dopotutto il panorama circostante era immobile. Solo l'ombre dell'irregolarità al suolo variavano la loro lunghezza a seconda dell'altezza del Sole, ma il suo procedere era/è molto lento. Infatti la durata di un giorno lunare corrisponde a 15 giorni terrestri, perciò l'altezza del Sole varia di soli 0,5° l'ora. La risoluzione variava a seconda della distanza: da un minimo di 1,5 metri fino a 1,52-2 mm per pixel. Invece all'orizzonte (a circa 1,4 km di distanza), la risoluzione si riduceva fino a 1418-1866 mm per pixel. Per evitare fenomeni di rifrazione e per proteggere lo specchio dalla polvere, i dispositivi più sensibili erano alloggiati dentro una finestra cilindrica alta 7,62 cm ed larga 10 cm. Per assicurare un buon regime termico, la superficie di ciò che sporgeva era placcata in oro. |
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L'apertura del fotopolarimetro era protetta da una sottilissima pellicola trasparente in Dacron®. Il tubo fotomoltiplicatore aveva un controllo automatico del guadagno che gli permetteva di funzionare in un ampio intervallo di luminosità: da 80 a 150.000 lux. La sensibilità dello strumento poteva essere regolata al massimo/minimo dietro comando da terra. Per questo un fotoresistore era fissato sulla parte superiore del dispositivo ottico-meccanico di scansione. Il sensore per la regolazione automatica della luminosità aveva un campo visivo di 10 x 10 gradi, quasi coincidente con l'angolo in basso a sinistra del panorama. Questa limitazione del campo visivo avrebbe distorsioni della luminosità dovute all'accecante fulgore del Sole e al buio cielo lunare. L'altezza fra l'asse longitudinale della "torretta" ed il suolo lunare era previsto in circa 65 cm. Avendo due gradi di libertà, la telecamera poteva riprendere: 360° in orizzontale, 82° sopra ed 11° sotto il piano focale. A circa 30 cm dalla torretta c'erano tre specchietti a forma di diedro che permettevano riprese stereoscopiche. Praticamente veniva ripreso un "soggetto" sulla superficie da due o più punti diversi. Il centro di ricezione a terra separava l'immagine dal segnale e la registrava su nastro magnetico e pellicola. |
2) |
studiava i raggi cosmici primari ed era praticamente un contatore di radiazioni. Un tubo di "scarica" a gas (praticamente un contatore Geiger-Müller) rilevava tutte le radiazioni ionizzanti, inclusi i raggi gamma e le particelle cariche ad alta energia. Questi tubi erano riempiti con un alogeno (per estinguere lo scaricamento continuo) ed un gas nobile per facilitare la ionizzazione. Inoltre un campo ad alta tensione veniva sempre mantenuto tra le pareti del tubo ed il filamento centrale. Il passaggio di un raggio creava una scia di ioni nel tubo. Queste particelle ionizzanti, passando attraverso il campo elettrico, generavano un piccolo impulso di corrente elettrica. Il tubo aveva un diametro di soli 0,6 cm ed una lunghezza di appena 1 cm. |
3) |
doveva studiare l'intensità e la composizione spettrale della radiazione gamma della superficie lunare. In questo modo sarebbe stato possibile identificare gli elementi chimici contenuti al suolo. Anche se la sua presenza a bordo non è mai stata confermata è quantomeno probabile: infatti Cosmos 60 aveva sicuramente uno spettrometro per i raggi gamma. |
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Particolare dove si nota il cilindretto centrale un cui era alloggiata la telecamera per le riprese televisive. |
Un'immagine della fase di assemblaggio dove risalta il grande airbag protettivo. |
Alle 11:41:37 del 31 Gennaio 1966 un "Molniya 8K78M" decollò con a bordo la tredicesima navicella "E-6M" (per la precisione la numero 202). Il razzo si pose in un'orbita terrestre di stazionamento (167,3 x 218,9 km ; 88,30’; 51,85°). Con un'orbita così inclinata (51,85° invece che i soliti 65,1°) si poteva spedire circa 50 kg di carico utile in più. Alle 12:48 lo stadio finale si accese per indirizzare la navicella verso la Luna. Alle 12:53:21 Luna-9 si separò dallo stadio di fuga ed iniziò il suo viaggio. Dalle 13:46 alle 13:56 vennero attivati: l'equipaggiamento radio, il sistema di ventilazione e gli ugelli di azoto compresso. Alle 14:57 la sonda iniziò a ruotare una volta ogni minuto e mezzo per evitare il surriscaldamento solare. Alle 15:00 Luna-9 era a 34.130 km d'altitudine rispetto alla Terra. Fra le 15:19 e le 15:43 il modulo di viaggio inviò i primi dati sulla traiettoria e sul suo funzionamento interno. Inoltre fu attivato il sistema di orientamento spaziale. Dopo aver determinato con sufficiente precisione la traiettoria passiva verso la Luna, fra le 18:16 e 20:14 il KTDU venne preparato per la manovra di correzione.
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La missione in forma schematica.
Alle 19:29 del 1° Febbraio, a 190.000 km dalla Luna, gli ugelli di azoto compresso furono attivati per allineare il veicolo spaziale con il Sole e la Luna. Infatti le sonde sovietiche lunari di seconda generazione, diversamente da quelle americane, dovevano attuare la manovra di correzione solo quando erano perpendicolari al cammino di volo. Così il sistema di orientamento stellare fornì alla navicella un preciso assetto. Poi il KTDU attuò un'accensione di 48", subito dopo il sistema d'orientamento spaziale venne distaccato perché ormai inutile. La sonda riprese a ruotare lentamente, così l'arrivo nella regione lunare convenuta (Oceanus Procellarum, Mare delle Tempeste) era assicurato. I siti di allunaggio di queste sonde lunari, per costrizione varie, erano limitati alle regioni vicine all'Equatore lunare.
- 3 Febbraio 1966 -
| La fase di discesa |
Un'ora circa prima dell'allunaggio, alla quota di 8369 km gli ugelli d'azoto furono accesi di nuovo. Così la rotazione fu "azzerata"; in più il sistema di orientamento stellare, fissò l'allineamento del veicolo spaziale lungo la verticale locale. Ai 75,6 km di quota (18:41:54) l'altimetro radar, rilevando la presenza della Luna, ordinò l'inizio della sequenza di discesa. La velocità della navicella rispetto la superficie lunare a quel punto era di 2,6 km/s (9334 km/h). I moduli ausiliari posti ai lati, fra cui il sistema d'orientamento stellare e l'altimetro radar, furono sganciati per risparmiare peso. Subito dopo, il programma di bordo (contenuto nei circuiti logici di calcolo e controllo) comandò l'accensione del retrorazzo e gonfiò l'airbag. Il KTDU in 48" diminuì la velocità di discesa fino a qualche decina di metri al secondo.
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1) La capsula (ALS) viene espulsa dal KA quando l'asta incernierata tocca la superficie lunare.
2) La capsula rimbalza e rotola sulla superficie lunare.
3) I "petali" della capsula iniziano ad aprirsi.
4) I quattro pannelli si aprono come petali e raddrizzano la capsula; poi le antenne si dispiegano. |
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| L'allunaggio "morbido" |
Alle 18:44:42, a 260-365 metri di quota, il retrorazzo principale s'arresto. Rimasero accese solo le quattro camere di combustione laterali che assicurarono una velocità di discesa contenuta e costante. A 5 metri dal suolo, il sensore di contatto toccò la superficie lunare. A questo punto l'ordinatore di bordo spense le camere di combustione e espulse l'"uovo". Questi finì ad alcuni metri di distanza rotolando sulla superficie. Lo stadio di crociera impattò alla velocità di appena 22,5 km/h (6,1 m/s) tanto che il propellente residuo non esplose. Quando l'ALS di Luna-10 si fermò alle 18:45:04.25, per la prima volta un oggetto spaziale costruito dall'uomo, era allunato "morbidamente" (senza riportare danni). L'esatte coordinate del sito (chiamato in seguito Planitia descensus, 'Pianura dell'atterraggio') sono certe per la longitudine, ma non per la latitudine. Infatti si citano sempre i 7°08’ nord e spesso i 64°22’ est.
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Siti di allunaggio delle sonde Luna lanciate fra il 1959 ed il 1976.
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Una mappa (a sinistra) riguardante il luogo dove allunò Luna-9. Invece a sinistra ecco un'immagine ripresa da Lunar Orbiter 4.
Circa 250" dopo, alle 18:49:14, il temporizzatore interno ordinò la rottura dei fissaggi per i "petali". Così le quattro antenne "a lobo" si aprirono e stabilizzarono ALS al suolo. Inoltre: vennero dispiegate l'antenne "a stilo", alzato il cilindretto della telecamera e fu accesa la strumentazione scientifica interna. L'antenne "a lobo" inviarono il primo segnale alle 18:49:30. Dopo l'allunaggio la valvola pirotecnica si scalzò in maniera da attivare il vaporizzatore montato sulla ventola. Dalle 19:00 alle 19:10 fu ripresa la prima immagine di prova con il Sole ad appena 3,5° sopra l'orizzonte. Per la scarsa illuminazione dell'alba locale, c'era pochissimo contrasto. Così fu deciso di attendere alcune ore per riprendere immagini per il primo panorama; intanto fra le 21:00 e 21:15 furono inviati dei comandi radio.
- 4 Febbraio -
Alle 01:50, quando il Sole era 7-8 gradi sopra l'orizzonte, il telepolarimetro iniziò le riprese e trasmise per 107’ fino alle 03:37. Con queste riprese venne assemblata una vista panoramica del sito di atterraggio (panorama 1). Fu così costatato che la sonda era "allunata" in un cratere (Ø 24,3 m). Ecco perché era inclinata di 16,5° rispetto al piano orizzontale. Intorno al sito di allunaggio c'erano sassi ed altri crateri dal diametro di qualche metro. La fantasiosa ipotesi che la superficie lunare fosse fine come il borotalco era quindi smentita. Non solo si poteva atterrare, ma si poteva anche camminare. Dalle 14:00, quando il Sole era 14-15 gradi al di sopra dell'orizzonte, iniziò la prima (di 2) sessioni di riprese TV. Immagini e telemetria furono inviate dalle 14:00 alle 16:54. Da queste riprese venne ricostruito un altro panorama a 360° (panorama 2). Inoltre fu rilevato che l'inclinazione era aumentata fino a 22,5°. Con questa maggiore pendenza, si poterono realizzare riprese stereoscopiche della desolata superficie circostante.
- 5 Febbraio -
Dalle 16:00 alle 17:41, con il Sole 26,5-27,5 gradi sopra l'orizzonte, venne trasmesso il terzo panorama e dati telemetrici. Fra le 19:28 e le 19:45 si tenne la quinta sessione di comunicazioni radio (comandi e telemetria). Infine dalle 20:37 alle 22:55 si tenne un'ultima sessione complementare per riprendere e trasmettere immagini parziali di separate zone della superficie. Il Sole era 40,5-41° sull'orizzonte; per la perdita di potenza la trasmissione fu molto disturbata. Alle 22:55 il contatto radio si perse per sempre a causa dell'esaurimento delle batterie elettrochimiche.
1° PANORAMA (Usa la scroll bar orizzontale per una completa visione
(18)
2° PANORAMA (Usa la scroll bar orizzontale per una completa visione)
(19)
3° PANORAMA (Usa la scroll bar orizzontale per una completa visione)
(20)
Nelle 76 ore e 10’ di permanenza sul suolo lunare la telecamera riprese il desolato e arido paesaggio lunare, le rocce, i crateri fino a 1,4 km di distanza. Il rilevatore di radiazioni registrò un dosaggio di circa 30 mrad il giorno. Invece lo spettrometro a raggi gamma non fornì alcun dato: sembra che si fosse guastato già prima della partenza il 31 Gennaio! Luna-9 trasmise per un totale di 8 ore e 5’ in sei sessioni radio. La sonda inviò 27 fotografie singole e tre panorami a 360° (queste immagini composite panoramiche sono disponibili in formato TIFF a questo LINK - dimensione: 2,16 MB).
RINGRAZIAMENTI:
Vorrei ringraziare l'amico Paolo Ulivi per aver "riconosciuto" l'immagine (8) che è in un sito norvegese. Praticamente Paolo ha "associato" l'immagine ad un libro in suo possesso. Così mi ha dato la traduzione ai 4 "punti" nell'immagine. Se non era per lui quella immagine e quei testi allegati (in norvegese) non sarebbero stati introdotti in questa pagina. Ma non posso che essergli grato per avermi indicato un sito russo dove c'è un unico file TIFF con i tre panorami. Ma Paolo ha fatto di più: infatti mi ha postato i tre panorami divisi e compressi in JPG. Infine vorrei ringraziare l'amico ‘Kappa′ per la sua disponibilità e anche interesse (perché no) nel capire come funzionasse il fotopolarimetro. Forse riuscirò ad infondergli la passione per l'astronautica e anche l'interesse per le sonde sovietiche interplanetarie. Anche se ormai sono monotono, vorrei ancora ringraziare Paolo Ulivi, che ha trovato un archivio Nasa ricchissimo di documenti pdf davvero interessanti. Fra questi c'è il "Challenge to Apollo: the Soviet Union and the space race, 1945-1974" di Asif A. Siddiqi (LINK) che mi ha permesso di comprendere molto meglio la corsa dell'Unione Sovietica nello spazio. Senza questo documento, indicato da Paolo, non avrei potuto aggiornare questa ed altre schede d'astronautica. |
FONTI, RIFERIMENTI, LINK DEL MATERIALE UTILIZZATO PER QUESTA SCHEDA |
x SCHEMI, DISEGNI, MAPPE, FOTO, MOSAICI:
- Schema (1): vedi nota 1 ;
- Schema (2): LINK, vedi nota 2 ;
- Foto (3): LINK, vedi nota 2 ;
- Disegno (4): LINK, vedi nota 2 ;
- Foto (5): LINK ;
- Foto (6): LINK, vedi nota 2 ;
- Foto (7): LINK ;
- Foto (8): LINK ;
- Schema (9): LINK ;
- Schema (10): LINK;
- Foto (11): LINK ;
- Foto (12): LINK ;
- Schema (13): LINK ;
- Disegno (14): LINK ;
- Disegno (*): vedi nota 3 ;
- Mappa (15): LINK ;
- Mappa (16): LINK ;
- Foto (17): LINK ;
- Mosaico (18): LINK, vedi nota 4 ;
- Mosaico (19): LINK, vedi nota 4 ;
- Mosaico (20): LINK, vedi nota 4.
Nota 1: al momento il server dove era contenuto questo schema risulta offline. Quando sarà ripristinato allora riporterò il suo corretto url.
Nota 2: dato che il disegno/schema/foto era contenuto in un unico elemento grafico, ho dovuto necessariamente ritagliarlo.
Nota 3: l'elemento grafico originale era su un sito web, che non è più presente in Internet. Dato che il disegno conteneva del testo in spagnolo, ho apportato delle modifiche per migliorarne la comprensione.
Nota 4: questo mosaico di immagini era contenuto in un file TIFF (dimensione 2,19 MB). Paolo Ulivi l'ha separato e l'ha compresso in formato JPG. Poi io ho ritagliato un pochino i bordi.
x il TESTO:
• NATIONAL SPACE SCIENCE DATA CENTER, 1963-001A (Sputnik-25);
• NATIONAL SPACE SCIENCE DATA CENTER, luna1963b (Luna-1963B);
• NATIONAL SPACE SCIENCE DATA CENTER, 1963-008B (Luna 4);
• NATIONAL SPACE SCIENCE DATA CENTER, luna1964a (Luna-1964A);
• NATIONAL SPACE SCIENCE DATA CENTER, luna1964b (Luna-1964B);
• NATIONAL SPACE SCIENCE DATA CENTER, 1965-018A (Cosmos 60);
• NATIONAL SPACE SCIENCE DATA CENTER, luna1965a (Luna-1965A);
• NATIONAL SPACE SCIENCE DATA CENTER, 1965-036A (Luna 5);
• NATIONAL SPACE SCIENCE DATA CENTER, 1965-044A (Luna 6);
• NATIONAL SPACE SCIENCE DATA CENTER, 1965-077A (Luna 7);
• NATIONAL SPACE SCIENCE DATA CENTER, 1965-099A (Luna 8);
• NATIONAL SPACE SCIENCE DATA CENTER, 1966-006A (Luna-9);
• SPACE 40, 1963-001A (qui denominato Sputnik-16);
• SPACE 40, 1965-036A (N.B.: testo in ceco);
• SPACE 40, 1965-077A ;
• SPACE 40, 1965-099A ;
• SPACE 40, 1965-099A ;
• SPACE 40, 1966-006A ;
• Deep Space Chronicle, 1963 - LINK (file .pdf);
• Deep Space Chronicle, 1964 - LINK ;
• Deep Space Chronicle, 1965 - LINK ;
• Deep Space Chronicle, 1966 - LINK ;
• AstroLink.de, LINK (N.B.: testo in tedesco);
• Homepage of Don Mitchell ("The soviet exploration of Venus", "Soviet telemetry system") - LINK ;
• Homepage of Don Mitchell ("The soviet exploration of Venus", "Remote scientific sensor") - LINK ;
• Homepage of Don Mitchell ("The soviet exploration of Venus", "Soviet space cameras") - LINK ;
• Sven's space place ("The radio system of the Luna 4-14 series"), LINK ;
• Sven's space place ("Space Frequency Listing, 170-350 MHz, Downlink") - LINK ;
• Sven's space place ("Soviet/Russian OKIK ground station sites") - LINK ;
• ASTRONAUTIX.COM, "Enciclopedia astronautica", "Soviet space tracking systems" - LINK ;
• RUSSIANSPACEWEB.COM, ("Centers: Ground control stations - KIK"), LINK ;
• Epizodsspace.narod.ru, Biblioteka, 1967 - LINK (N.B.: testo in cirillico);
• Sovams.narod.ru, ("Luna-9") - LINK1, LINK2 (N.B.: testo in cirillico);
• Laspace.ru, ("Luna-9") - LINK (N.B.: testo in cirillico);
• ZARYA ("Luna-9"), LINK ;
• ZARYA ("Proof of Technology "), LINK ;
• ZARYA ("1963 Space Activities"), LINK ;
• ZARYA ("1964 Space Activities"), LINK ;
• ZARYA ("1965 Space Activities"), LINK ;
• ZARYA ("1966 Space Activities"), LINK ;
• Paolo Ulivi ("L'ESPLORAZIONE DELLA LUNA", 28.12.2002), pagg. 43/46 ; 50 ; 53/54 ; 56/58 ;
• Encyclopedia Astronautica ("Luna E-6"), LINK ;
• Encyclopedia Astronautica ("KTDU-5A"), LINK ;
• Aeronautics.ru ("Russian space engines: Russia"), LINK ;
• HOME.EARTHLINK.NET ("A. M. Isatev"), LINK ;
• PLANET4589.ORG ("Russian engines"), LINK ;
• Jodrell Bank Observatory ("Jodrell Bank's role in early space tracking activities - Part 2"), LINK ;
• Royal Aircraft Establishment table of satellites, 1963 - LINK (file .DOC);
• Royal Aircraft Establishment table of satellites, 1965 - LINK ;
• The lunascan project moon shot series ("Luna-9"), LINK ;
• THE ELECTRONIC JOURNAL OF THE ASTRONOMICAL SOCIETY OF THE ATLANTIC: volume 4, number 2 - Septmber 1992 ("jasa9209.txt"), LINK ;
• THE ELECTRONIC JOURNAL OF THE ASTRONOMICAL SOCIETY OF THE ATLANTIC: volume 4, number 12 - July 1993 ("jasa9306.txt"), LINK ;
• Nasa, ("First panoramas of the lunar surface according to the material from the automatic station Luna-9"), pagg. 7/36 - LINK (file pdf · 185 MB · 136 pagine);
• Asif A. Siddiqi, (Challenge to Apollo: the Soviet Union and the space race, 1945-1974), pag. 536 ; pag. 554/55 ; pagg. 545/47 - LINK (file pdf · 64,3 MB · 1034 pagine).
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