ISEE-3/ICE
È stato il primo veicolo spaziale a raggiungere il punto lagrangiano (L1) di librazione Sole-Terra. Inoltre ha effettuato anche il primo incontro ravvicinato (fly-by) con un corpo cometario, nella fattispecie la cometa Giacobini-Zinner nel 1985.
(1) |
Logo del programma ISEE |
|
Schema esemplificativo del programma ISEE |
(2) |
|
Il programma spaziale ISEE [International Sun-Earth Explorer, ‘‘Esploratore Internazionale delle interazioni fra Sole e Terra’’] composto da tre sonde: due della Nasa e una dell'Esa. ISEE-3 avrebbe studiato il Sole nel suo 21° ciclo di attività (01.1976-12.1986) per due anni e mezzo. Orbitando a 1,5 milioni di km dalla Terra, la sonda sarebbe stato in grado di rilevare una perturbazione del vento solare circa un'ora prima che raggiungesse la magnetosfera terrestre e quindi le strumentazioni delle altre due sonde. Inoltre da tale distanza non ci sarebbe stata l'influenza del campo magnetico terrestre nello studio del vento solare.
ISEE 1 (Nasa) e ISEE 2 (Esa) vennero collocate in orbita terrestre da un vettore Thor-Delta 2914 decollato da Cape Canaveral alle 13:53 del 22 Ottobre 1977. Le due sonde rientrarono nell'atmosfera il 26 Settembre 1987 disintegrandosi durante la loro orbita 1518.
(2) |
La sonda aveva come base un poligono di sedici lati, l'altezza del corpo cilindrico era 161 cm; mentre il diametro arrivava a 174 cm. I pannelli solari erano posti lungo il perimetro della navicella in due "bande", una sopra e una sotto la piattaforma scientifica centrale. L'energia erogata dai pannelli (160 W a 28 V nello spazio; 180 W a 82 V al lancio) era sufficiente ad alimentare tutti i sistemi di bordo. Se avveniva una condizione di sottovoltaggio, la navicella si spegneva automaticamente. L'energia raccolta poteva essere immagazzinata in una batteria interna all'argento-zinco.
Dal corpo del veicolo si potevano estendere dieci "appendici": quattro bracci "equatoriali" (di cui due inerziali da usare solo per la stabilizzazione) lunghi 3 metri, quattro antenne radiali "a filo" lunghe 45 metri ciascuna e due antenne "assiali" lunghe 7 metri ciascuna. Proprio per estendere queste due ultime appendici venivano usati due meccanismi motorizzati. Ognuno di questi sistemi (dimensioni: 45,34 x 24,77 x 14,6 [cm]; peso: 3,1 kg; consumo: 4 W) era capace di estendere/retrarre un TEE (Tubolar Extendible Element, 'Elemento Tubolare Estendibile' | diametro: 2,86 cm | peso totale: 660 grammi). La loro velocità di estensione/retroazione da 0 a 10 metri era di 3,048 cm/s.
Il sistema di trasmissione si componeva di due transponder ridondanti (uno principale, l'altro di riserva) nell'S-band. I due dispositivi radio potevano funzionare anche in contemporanea, ma in questo caso avrebbero consumato ben 138 W. Quello primario (canale A) trasmetteva sui 2270,40 MHz e riceveva sui 2041,95 MHz. Mentre quello secondario (canale B) trasmetteva sui 2217,50 MHz e riceveva sui 2090,66 MHz. Il segnale trasmesso aveva sempre una potenza di 5 W. Sul canale A veniva trasmessa in maniera continua la telemetria, modulata in una PCM [Pulse-Code Modulation, ‘‘Modulazione Codificata di Impulsi’’]. Il canale B era utilizzato solo per l'"allineamento" [ranging] e come riserva nel caso malaugurato in cui il canale A andasse in avaria.
(3) |
Nella "torre" posta sulla base superiore erano montate due antenne: una a medio guadagno e l'altra a guadagno intermedio (praticamente un LGA). L'antenna a medio guadagno aveva un "ventaglio" (fan in gergo) largo ± 6° rispetto alla verticale. Infine c'era un'altra antenna a basso guadagno tenuta come riserva. Il sistema di trattamento dati (data handling system) metteva insieme l'informazioni scientifica e ingegneristica da tutti i sottosistemi e le "formattava" in PCM. Così si generava un flusso seriale e digitale che veniva ricevuto dal Ground Spaceflight Tracking and Data Network (GSTDN) e poi verso il centro di controllo GSC (Goddard Spaceflight Center).
Il DHS (Data Handling System) si componeva di una DMU (Data Multiplexer Unit), due subplexer e un'unità di memoria di massa. La DMU disponeva di due formati fissi e due programmabili che potevano essere alterati via comando da terra. Nel rispetto del principio di ridondanza la DMU era in doppia copia. La velocità di trasmissione in formato digitale (bitrate) poteva assumere, dietro comando da terra, uno di questi valori: 64, 128, 256, 512, 1024, 2048, 4028 [bps]. Quest'ultimo valore era possibile solo con distanze non elevate dalla Terra; in orbita halo il massimo bitrate sarebbe stato di 2048. In ogni caso il bitrate della telemetria era il doppio di quello scientifico. L'unità di memoria di massa era utilizzata per gli strumenti scientifici che aveva bisogno di un rapido trattamento dei dati in un breve periodo di tempo. Così l'informazione era memorizzata temporaneamente finché non veniva teletrasmessa.
La stabilizzazione veniva realizzata con la rotazione (spin) intorno al proprio asse al ritmo (rate) di 19,75 giri/minuto. L'asse di rotazione era sempre mantenuto perpendicolare al piano eclittico con uno scarto di ± 1°. Per definire l'assetto veniva utilizzata una coppia ridondante di sensori solari ad alta risoluzione. Due FSS (Fine Sun Sensor) permettevano misurazioni con una precisione di ± 0,1°. La velocità di rotazione veniva calcolata contando quante volte il Sole passava nel campo visivo (0,004°) dei sensori FSS-A e FSS-B. Per le operazioni in tempo reale sull'assetto, almeno nelle prime due settimane, era utilizzato un sensore panoramico PAS (Panoramic Attitude Sensor). Il dispositivo però diventava inutile in orbita halo per la particolare geometria Sole-sonda-Terra nella regione L1.
(4) |
Quattro ugelli, disposti lungo la circonferenza mediana, fornivano un movimento "radiale" (lungo gli assi dell'antenne degli esperimenti). Altri quattro permettevano di cambiare la velocità di rotazione, infine due inferiori e due superiori davano un movimento "assiale" (lungo l'asse di rotazione). La configurazione del sistema di ugelli HPS (Hydrazine Propulsion System) era completamente ridondante tanto si poteva muovere la navicella in ogni direzione senza cambiare l'assetto. Ogni ugello (1,1 N di spinta) usava come monopropellente 89 kg d'idrazina contenuta in otto serbatoi conosferici. La variazione di velocità totale equivalente era pari a 430 m/s. Con le manovre propulsive si poteva anche correggere gli eventuali "errori" nella traiettoria conseguenti al lancio. La vita operativa della navicella venne stimata in due anni; il peso "a secco" era di 390 kg, mentre al lancio s'attestava sui 479 kg.
(5) |
|
|
|
(6) |
Gli strumenti scientifici a bordo (peso: 104 kg) erano:
1. strumento per il plasma solare (SWPLAS, Solar Wind PLASma experiment ¦ 5,8 kg · 4,7 W);
2. strumento per la composizione ionica del vento solare (ICI, Ion Composition Instrument ¦ 5,6 kg · 3 W);
3. spettrometro per i protoni energetici (EPAS, Energetic Particle Anisotropy Spectrometer ¦ 4,1 kg · 3,5 W);
4. spettrometro per i "lampi" di raggi X e gli elettroni a bassa energia;
5. strumento per gli elettroni solari e interplanetari (11,6 kg · 5 W);
6. magnetometro (3 kg · 4,3 W);
7. analizzatore per l'onde di plasma (PLAWAV, PLAsma WAVe Experiment ¦ 8,8 kg · 4,5 W);
8. rilevatore per la mappatura dell'onde radio (RADWAV, RADio WAVe detector ¦ 15,36 kg · 3,6 W);
9. strumento per i raggi cosmici a bassa energia (HOH ¦ 11,5 kg · 6 W);
10. strumento per i raggi cosmici a media energia (6,5 kg · 2,9 W);
11. telescopio per i raggi cosmici ad alta energia (HIST, Heavy Isotope Spectrometer Telescope ¦ 8,4 kg · 6 W);
12. spettrometro per gli isotopi dei raggi cosmici (7,6 kg · 7 W);
13. strumento per lo spettro energetico dei raggi cosmici (MEH ¦ 9,1 kg · 4 W);
14. strumento per le "esplosioni" di raggi gamma.
Fra tutti questi strumenti non c'era alcun dispositivo capace di produrre immagini. Ecco la descrizione di ogni singolo strumento scientifico:
SWPLAS |
era progettato per fare uno studio integrato della natura, origine ed evoluzione del plasma solare nel medium ("mezzo") interplanetario, praticamente lo spazio fra Sole e pianeti. Le velocità di propagazione degli ioni erano misurate da un analizzatore elettrostatico a sezione sferica con un campo visivo di 135°. Anche le velocità di propagazione degli elettroni erano misurate da un analizzatore elettrostatico sferico con un campo di 90° sempre nelle due e tre dimensioni. Lo strumento misurava anche la distribuzione in 2-D degli elettroni in funzione di una rotazione della navicella. L'angolo d'azione dello strumento era parallelo all'asse di rotazione con uno scarto di ± 20° rispetto all'eclittica (cioè 20° sopra e 20° sotto il piano eclittico). Per gli elettroni si sarebbero ottenuti sedici spettri energetici uniformemente separati. Ciascuno di questi era composto da quindici livelli energetici contigui che "coprivano" l'intervallo energetico da 8,5 a 1140 eV. Invece per gli ioni venivano ricavati trentadue spettri energetici, dove ciascuno di questi "copriva" l'intervallo 237 - 10.700 eV. Se il bitrate era 1024 bps la risoluzione temporale si attestava su 24 secondi. Invece con 512 bps, la funzione di distribuzione degli elettroni veniva misurata una volta ogni 48 secondi. |
||||||||
doveva studiare lo stato di carica e la costituzione isotopica del vento solare. Lo strumento si componeva di un analizzatore elettrostatico d'energia ad alta risoluzione ed un filtro di velocità Wien. In questo ultimo dispositivo un campo elettrico veniva applicato perpendicolarmente ad un campo magnetico. Gli ioni con una forza (data dal campo magnetico ed elettrico) pari a 0, passavano indisturbati attraverso i campi in una linea retta. Invece tutti gli altri erano "perturbati", cioè deflessi nel loro cammino. Nel caso dello strumento a bordo della sonda, gli ioni prima passavano da una fenditura verso il filtro Wien poi finivano nell'analizzatore. Detto filtro permetteva di "selezionare" le particelle entranti a seconda della loro velocità e massa atomica. L'analizzatore elettrostatico invece faceva passare gli ioni avendo come base il rapporto fra la loro energia e carica. (*)
L'intervallo energetico di studio andava da 0,84 a 11,7 keV/"carica". L'intervallo tachimetrico rilevabile per le particelle cariche era di 300-620 [km/s]. Infine l'intervallo "massa"/"carica" variava da 1,5 a 5,6 amu. L'angolo d'"azione" dello strumento era parallelo all'asse di rotazione con uno scarto di ± 8° rispetto all'eclittica (cioè 8° sopra e 8° sotto il piano eclittico). La modalità operativa veniva controllata da un microprocessore. In questo modo il rendimento dello strumento poteva essere regolato e ottimizzato anche per un fly-by con una cometa. Infatti con un programma specifico di misurazione si poteva coprire l'intervallo di massa atomica da 4 a 50 (dal potassio al stagno) in 25 step. Per completare un "ciclo" di scansione servivano 420 rotazioni della navicella [cioè 21’ e 8’’]. La risoluzione spaziale si attestava sui 25.000 km. Il bitrate dello strumento era sempre di 1024 bps. |
|||||||||
aveva il compito di studiare i processi di propagazione ed accelerazione dei protoni solari a bassa energia nel medium interplanetario. Il sistema era costituto da tre telescopi (T1, T2, T3) identici montati nel "corpo" della sonda. I tre dispositivi erano inclinati di: 30° (T1), 60° (T2), 135° (T3) rispetto all'asse di rotazione. Ogni telescopio consisteva in un rilevatore a stato solido (con un'area di 1 cm² e uno spessore di 30 mm) seguito da un altro rilevatore (con un'area di 2 cm² e uno spessore di 150 mm) in anticoincidenza. Un dispositivo magnetico impediva l'ingresso agli elettroni con un'energia minore di 400 keV. Per tutti gli elettroni c'era il secondo rilevatore che li "prendeva" impedendone così il conteggio. In questa maniera un telescopio poteva rilevare i flussi di ioni e misurare la loro energia cinetica (ma non la loro massa). L'intervallo energetico di studio andava da 35 a 1600 [keV], questi era diviso in otto canali energetici (E0 - E8) spaziati in maniera logaritmica.
L'informazione direzionale per sette canali energetici (E0 - E7) era raccolta in otto settori angolari (S1 - S8) da 45° ciascuno. Invece per il solo canale E8 venivano usati quattro settori da 90°. In seguito, per ogni canale energetico e per ogni periodo di "quiete" (durata 32 ore circa), veniva calcolata l'asintropia. Una radiazione che viene da tutte le direzioni e con la stessa intensità è detta isotropa. Una tipica radiazione isotropa è quella cosmica di fondo, conosciuta come CBR [Cosmic Background Radiation]. In questo caso, il grado di anisotropia è la componente non isotropa della radiazione cosmica di fondo. L'asintropia veniva quantificata dall'AIV [Average Intensity Vector, ‘‘Vettore Intensità Media’’]. L'AIV era ricavato sommando i vettori d'intensità associati ad ogni settore angolare. Per campionare gli otto canali energetici ed i cinquantasette settori angolari di conteggio servivano 64’’ (con un bitrate di 512 bps). Questo tempo di campionamento si poteva dimezzare utilizzando un bitrate di 1024 bps. |
|||||||||
era progettato per fornire una "copertura" continua dei raggi X emessi nei "brillamenti" (flares) solari. Inoltre una memoria interna permetteva di salvare i dettagli temporali dei flares e delle "esplosioni" di raggi gamma cosmici (cosmic gamma-ray bursts). Lo spettrometro si componeva di due rilevatori cilindrici ai raggi X. Il primo era un contatore proporzionale (diametro: 1,27 cm), riempito con una miscela al 97% di xenon e di 3% da diossido di carbonio. La parte centrale del corpo del contatore era costituita da un "velo" (spessore: 0,51 mm) di berillio che fungeva da finestra d'entrata per i raggi X. Il secondo rilevatore era uno scintillatore con un'area di 22 cm², dove il cristallo interno era cinto da uno "scudo" (shield ) anticoincidente spesso 0,3 cm. La parte centrale dello scintillatore aveva un diametro di 4,3 cm ed era riempita con cristallo di quarzo. La risoluzione energetica nei canali e la risoluzione temporale potevano essere variate con dei comandi inviati da terra. Il contatore proporzionale "copriva" l'intervallo energetico 4,8 - 14 keV fino a 9 canali con una risoluzione di 0,5 secondi. Mentre lo scintillatore poteva coprire l'intervallo 12 - 1250 [keV] fino a 16 canali con una risoluzione di 250 microsecondi. Quindi l'effettivo intervallo energetico dei raggi X andava da da 26 a 3170 [keV]. Grazie allo scintillatore era possibile rilevare gli elettroni con un'energia superiore ai 200 keV. Lo strumento aveva quattro modalità di funzionamento: ‘normal', ‘flare-1′, ‘flare-2′ e ‘gamma-ray burts′. La risoluzione temporale nella prima modalità andava da 0,5 a 4 secondi al variare del canale usato; invece nell'ultima la risoluzione temporale andava da 0,25 a 125 ms. Infine questa modalità poteva essere "avviata" solo da due condizioni simultanee: 1. le velocità di conteggio di certi spettri PHA doveva superare un livello selezionato; 2. lo spettro dei protoni incidenti, determinato come il rapporto di due PHA, doveva superare un certo valore. |
|||||||||
Strumento 5 |
era progettato per studiare lo spettro degli elettroni solari e interplanetari nell'intervallo energetico di transizione fra il vento solare e i raggi cosmici a bassa energia. Gli elettroni erano misurati nell'intervallo 15 - 1000 [keV] da un paio di telescopi con rilevatori a semiconduttore raffreddati passivamente. Anche un analizzatore elettrostatico emisferico con rilevatori moltiplicatori di canale misurava gli elettroni nell'intervallo energetico 2 - 18 keV. Per gli elettroni solari veniva utilizzato un intervallo di studio dedicato: 2 - 1000 [keV]. Le velocità di conteggio (counting rate) erano contraddistinte da settori angolari secondo la direzione verso il Sole o la forza del campo magnetico. Il telescopio utilizzava 8 o 16 settori, mentre l'analizzatore ne usava sempre 16. |
||||||||
avrebbe misurato il campo magnetico e le sue variazioni nella bassa frequenza. Il magnetometro triassiale ad elio era posizionato su un braccio lungo 3 metri. L'ampiezza del campo magnetico veniva misurata in otto possibili intervalli: ± 4, 14, 42, 144, 640, 4000, 22.000 e 140.000 [nT]. Lo strumento poteva automaticamente aumentare/diminuire l'intervallo di misurazione anche dietro comando da terra. La precisione era 1/256 di metà intervallo positivo, cioè andava da [nT]: 0,016 (per l'intervallo più basso) a 546,87 (per l'intervallo più alto). Invece la risoluzione spaziale si attestava sui 7 km. Un analizzatore di spettro a tre canali avrebbe misurato le fluttuazioni parallele all'asse di rotazione. Venivano così utilizzate tre bande di frequenza centrate a: 0,33; 3,2; 8,8 [Hz]. Lo strumento poteva raccogliere un numero di campioni variabile: due ogni tre secondi (a 512 bps), tre al secondo (1024) ed infine sei al secondo (2048). |
|||||||||
era progettato per fornire informazioni sull'onde di plasma. Inoltre doveva ottenere una migliore comprensione su l'iterazione fra le particelle dell'onde e l'instabilità del plasma. Proprio queste sono da collegarsi ad un equivalente fenomeno di collisione. Questo fenomeno, ad una distanza di circa 1 UA dal Sole, rende il comportamento del vento solare simile a quello dei fluidi. Lo strumento utilizzava due dipoli elettrici ed una spira magnetica di ricerca montate su un altro "braccio" da 3 metri opposto a quello del magnetometro. I due dipoli elettrici e la spira magnetica erano usati per misurare (in otto canali) il campo magnetico ed elettrico dell'onde elettromagnetiche nell'intervallo di frequenza: 17 - 1000 [Hz]. Anche i livelli del campo elettrico venivano misurati (in sedici canali) nell'intervallo: 17 - 100.000 [Hz]. Inoltre un terzo analizzatore di spettro avrebbe misurato il campo magnetico in tre bande fra 0,316 e 8 Hz. Lo strumento era capace di commutare da un canale di frequenza ad un altro ogni 4 misurazioni. Quindi la scansione sull'intera frequenza (sugli otto canali) poteva essere ripetuta ogni 32 misurazioni. Il periodo di campionamento nominale era di 48’’, ma poteva essere dimezzato utilizzando un bitrate di 1024 bps. |
RADWAV |
il suo principale scopo era quello di tracciare le traiettorie delle "esplosioni" solari (solar burst) di tipo II. Queste danno come risultato emissioni di plasma che si propagano dalla corona salare verso lo spazio interplanetario. In queste particolari esplosioni il plasma solare segue una linea di forza magnetica a forma di spirale a causa della rotazione (28 giorni) della nostra stella. Lungo questa linea di forza le particelle attraversavano le regioni del medium interplanetario ad una densità che diminuisce con l'allontanarsi dal Sole. La frequenza (in kHz) del plasma solare è pari a nove volte la radice quadrata della densità del plasma (espressa in elettroni/cm³). Di solito un'esplosione di tipo II riguarda una regione non distante più di 5 R☉ cioè 3,48 milioni di km. Una "scossa" sul Sole — shock in gergo — impiega circa due giorni per raggiungere la Terra, distante 215 raggi solari (R). Solo strumenti scientifici operanti alle basse frequenze possono "accedere" alla regione che si estende dai 5 agli 215 R. In funzione del tempo e della frequenza dell'esplosioni, si potevano definire le coordinate angolari della "sorgente" (source) sulla nostra stella. Gli altri obiettivi scientifici dello strumento erano studiare il medium interplanetario e la magnetosfera terrestre. (*)
Per eseguire questi esperimenti venivano usate tre coppie di antenne dipolo perpendicolari fra loro. Due antenne a filo erano poste sul piano equatoriale (di rotazione) della navicella. Praticamente quattro monopoli spuntavano si disponevano a croce. Ogni monopolo radiale era lungo 45 metri, quindi un'antenna radiale dipolo era lunga 90 metri. I due dipolo radiali U e V venivano utilizzati per metà: infatti U rimaneva di riserva. Comunque il dipolo V era denominato anche S perché posto sul piano di rotazione (′S′ da spin). Dall'interno dell'antenna a medio guadagno si estendeva un altro monopolo, ma molto più corto: circa 7 metri. In maniera analoga, dalla base inferiore c'era un identico monopolo. Questa antenna dipolo "assiale" da 14 metri era denominata Z perché posta lungo l'asse di rotazione. Il sistema di ricezione dati era composto da tre rilevatori: uno misurava la potenza del segnale sull'antenne assiali, uno misurava la potenza sull'antenne "equatoriali" e l'ultimo misurava la differenza di fase fra le due antenne (S e V). Il segnale ricevuto dal dipolo S era modulato, cioè appariva più forte quando V si disponeva perpendicolarmente alla "sorgente" solare. La fase (l'angolo da 0 a 180 gradi che identificava una mezza rotazione) avrebbe "proiettato" le coordinate sul piano di rotazione della sonda. Così si sarebbero ottenute informazioni sulla direzione della sorgente. Inoltre l'ampiezza della modulazione avrebbe permesso di ottenere il valore angolare della sorgente come funzione della sua elevazione (sopra/sotto il piano di rotazione). L'uscita del segnale analogico era un voltaggio (0-5 V) corrispondente al logaritmo del quadrato della forza del campo elettromagnetico incidente. La DPU (Data Process Unit) avrebbe digitalizzato il segnale in 256 "passaggi" per prepararlo alla teletrasmissione a terra. L'esperimento era progettato per fare una serie di misurazioni in una mezza rotazione della navicella (1,5’’ circa). Ogni serie di misurazioni era chiamata "passo" (step). Le misurazioni venivano effettuate in dodici canali di frequenze "centrati" su ventiquattro valori. Infatti le bande di frequenza da osservare erano due: una "ampia" (detta B da barrow) ed una "stretta" (detta N da narrow). La banda B andava da [kHz]: 1980 (canale 1), 1000 (canale 2), 513, 360, 233, 160, 123, 94, 72, 60, 50 (canale 11) a 41 (canale 12). Il suo campo di variazione (bandwidth in gergo) era di 10 kHz. Ad esempio il canale 1 nella banda B andava da 1970 a 1990 kHz. Invece la banda N andava da [kHz]: 1000 (canale 1), 466, 290, 188, 145, 110, 80, 66, 56, 47, 36 (canale 11) a 30 (canale 12).
|
La modalità di funzionamento principale (mode 1) prevedeva, nello stesso canale di frequenza, l'alternanza di una misurazione dalla banda B con una dalla N. Invece nella modalità 2 (mode 2) erano previste misurazioni dalla sola banda "ampia". Infine nella modalità 3 (mode 3) venivano effettuate misurazioni solo nella banda "stretta". I dodici canali di frequenza venivano "campionati" secondo una sequenza fissa di 72 step. La durata della scansione variava a seconda del bitrate utilizzato: alla velocità di 2048 bps servivano 108” [1’ e 48’’], mentre a 1024 bps i canali erano "letti" in 56 secondi. Dato che le esplosioni solari di tipo III hanno una durata più breve alle alte frequenze, la sequenza prevedeva che queste fossero campionate dodici volte in più rispetto alle basse frequenze. Al più elevato bitrate (2048 bps), la modalità 1 prevedeva che ad ogni mezza rotazione (1,5’’ circa) nei canale di frequenza il dipolo S raccogliesse ventidue campioni (undici dalla banda B intervallati con undici dalla N). Poi il dipolo Z avrebbe fatto una misurazione nei dodici canali. Così veniva "contemplata" quasi tutta la possibile modulazione del segnale (causata dalla rotazione) ricevuto da S. Invece nelle modalità 2 e 3, il dipolo S avrebbe fatto ventitré campionamenti seguiti da una misurazione dal dipolo Z. Ad esempio, a 1024 bps erano raccolti solo dodici campioni (dieci da S in cinque canali e due da Z oppure undici da S in undici canali più un campione da Z). Un campionamento dal dipolo S durava 44,2 ms; mentre uno dallo Z ne durava 260. Inoltre in ognuno dei 72 step della frequenza venivano effettuate due misurazioni della differenza di fase fra i campioni da S e Z. Questo ulteriore step, eseguito prima dell'elevamento al quadrato, durava sempre 39 ms. Nella modalità 1, il primo campionamento per la fase era fatto nella banda B e poi in quella N. Invece nella modalità 2 entrambi i campionamenti erano eseguiti nella banda B. Infine nella modalità 3 i due campionamenti veniva effettuati nella banda N. La calibratura dello strumento partiva automaticamente ogni 18 ore oppure dietro comando da terra. |
HOH |
doveva misurare gli ioni solari, interplanetari e magnetosferici in svariate bande nell'intervallo energetico 2 keV/"carica" - 80 MeV/nucleone. Lo strumento era costituito da tre diversi sistemi di rilevazione: l'ULECA (UltraLow-Energy Charge Analyzer), l'ULEWAT (UltraLow-Energy Wide-Angle Telescope) e l'ULEZEQ (UltraLow-Energy Z, E, and Q). L'ULECA era un analizzatore elettrostatico per l'intervallo energetico 3 - 560 keV/"carica". L'ULEWAT era costituito da un contatore proporzionale e un telescopio rilevatore a stato solido (cioè senza parti mobili). Questo dispositivo avrebbe misurato in quattro canali i flussi degli elettroni nell'intervallo energetico 75 - 1300 [keV]. Infine l'ULEZEQ era una "combinazione" fra un analizzatore elettrostatico, un contatore proporzionale ed un rilevatore a stato solido. Questo ultimo sistema di sensori era capace di coprire l'intervallo energetico 0,4 - 6 MeV/nucleone. |
Strumento 10 |
era progettato per studiare la composizione dei raggi cosmici provenienti dal Sole dall'idrogeno al ferro (numero atomico da 1 a 26) e l'abbondanza degli elementi chimici nei raggi cosmici provenienti dalla Galassia. Lo strumento si componeva di quattro telescopi: due HET [Hight Energy Telescopy, ‘‘Telescopio per l'Alta Energia’’] e due VLET [Very Low Energy Telescopy, ‘‘Telescopio per l'Energia Molto Bassa’’]. I due HET potevano rilevare: ioni con un'energia superiore a 4 MeV ed elettroni nell'intervallo energetico 0,2-2 MeV (ma si poteva arrivare fino a 10 MeV). I nuclei dall'idrogeno al nichel (numero atomico da 1 a 28) venivano misurate in varie "finestre" energetico nell'ampio intervallo 1 - 500 MeV/nucleone. Sia i due HET che VLET avevano un campo "visivo" di ± 25° rispetto all'eclittica (quindi 25° gradi sopra e 25° sotto il piano eclittico). |
HIST |
era destinato a determinare l'abbondanza isotopica nei raggi cosmici primari dall'idrogeno al nickel (numero atomico da 1 a 28). Lo strumento era un telescopio a stato solido — quindi senza parti mobili — costituito da rilevatori di movimento al litio-silicio. Una "camera di movimento" (drift chamber) a sei piani avrebbe definito la traiettoria delle particelle incidenti. Altri rilevatori avrebbero poi misurato l'energia delle particelle. |
Strumento 12 |
era progettato per studiare: 1) la costituzione isotopica della "materia" (matter) solare e delle sorgenti di raggi cosmici; 2) i processi di nucleo-sintesi nel Sole e nella Galassia; 3) i processi di accelerazione delle particelle astrofisiche. Veniva così determinata la composizione elettronica degli elementi chimici dal litio al nichel (numero atomico da 3 a 28). Il corrispondente intervallo energetico andava da 5 a 250 MeV/nucleone. Due sottilissimi (spessore: 50 mm) rilevatori a stato solido avrebbero determinato la traiettoria delle particelle entranti. Poi altri rilevatori avrebbero misurato anche la loro energia. |
MEH |
era progettato per studiare: la propagazione delle particelle energetiche all'interno del sistema solare e le proprietà del medium interplanetario. In particolare, lo strumento poteva determinare in sette canali lo spettro energetico degli elettroni. Questo intervallo andava da 3,5 a 100 MeV, 5 - 400 a livello differenziale. Praticamente venivano stabilite l'abbondanze nucleari dei protoni nel "gruppo del ferro". Questo gruppo va dall'idrogeno (numero atomico 1, massa atomica relativa 1) al ferro (26, 55,8). Il corrispondente intervallo energetico differenziale andava da 30 a 15.000 [MeV/nucleone]. (7)
Per fare queste misurazioni c'erano otto contatori: tre rilevatori al litio-silicio (D1, D3 e D8), un calorimetro allo ioduro di cesio (a sua volta composto da tre fotodiodi D4 a,b,c ed un fotomultimetro D4PM), due scintillatori anti-coincidenti (D5 e D6), un contatore Cerenkov riempito a gas d'etilene alla pressione di 20 atmosfere (D2) ed un altro contatore Cerenkov al quarzo (D7). L'energia degli elettroni veniva "depositata" nel calorimetro D4, calibrato prima del lancio. Ogni segnale d'avvio nello strumento generava 96 bit d'informazione poi letti in tre "parti" (frame) minori. Tutti i contatori trasmettevano informazioni utilizzando una tecnica di commutazione/compressione digitale. Grazie al calibratore interno da 1024 step, il MEH non aveva bisogno di comandi di calibratura. Infine il bitrate era sempre di 64 bps. |
Strumento 14: |
avrebbe riconosciuto una "esplosione di raggi gamma" (GRB, Gamma-Ray Burst) e registrato i "tempi" degli eventi (history in gergo). Quest'ultimi sono transitori perché possono durare da frazioni di secondo ad alcuni minuti. Nello strumento venivano utilizzati tre sensori, uno primario e due secondari. Il primo era un cristallo di germanio (dimensioni: 4,02 x 2,9 cm; volume: 35 cm³) ad alta purità mantenuto a -143 °C. Il suo intervallo energetico rilevabile andava da 0,12 e 6,5 MeV. Un convertitore A/D (Analogico/Digitale) a 4096 canali "digitalizzava" i segnali raccolti. Questo input passava poi alla strumentazione digitale posta nell'HOH. Il secondo sensore ai raggi g (gamma) era composto dal contatore D7 e altri rilevatori del MEH. Il sensore 2 forniva sia l'informazione temporale e spettrale. Infine il terzo sensore era semplicemente il piccolo contatore al quarzo dell'HOH. Due memorie, ciascuna da 2000 word di 12 bit, erano usate per l'history. L'informazioni spettrali dai sensori 1 o 2 venivano memorizzate in una terza memoria da 3072 word di 16 bit. I primi dodici erano riservati all'informazione dei PHA, mentre i restanti quattro venivano usati per l'informazione temporale. Le tre memorie potevano essere "lette" al più basso bitrate sia automaticamente che dietro comando. |
Alle 15:12:00 del 12 Agosto 1978, un Thor-Delta 2914 con a bordo ISEE-3 (chiamata anche ISEE C o Explorer 59) decollò dalla rampa 17B di Cape Canaveral. Alle 16:11:11 il veicolo spaziale si separò dal vettore e quindi entrò nell'orbita nominale di trasferimento. L'acquisizione della luce solare avvenne alle 16:19, gli FSS furono così attivati; la velocità di rotazione venne calcolata in 48,66 giri/minuto (ben entro l'intervallo nominale di 46 ± 5). I comandi per il PAS furono inviati poco dopo, ma l'angolo del dispositivo ottico non era nei limiti previsti. I comandi furono rinviati e stavolta eseguiti, però la prima manovra per il controllo dell'assetto fu posticipata per poter calcolare l'assetto post-separazione I (Injection in gergo). Nei dodici minuti successivi ad I, il dispositivo di riduzione della rotazione (despin) con il suo movimento a "yo-yo" portò lo spin rate a 10,14 giri/minuto. Alle 16:40 furono dispiegati i due "bracci" (booms) inerziali e strumentali dove erano posti il MAG e il PLAWAV. Questa operazione ridusse lo spin rate fino a 6,9 giri/minuto. Alle 16:57 fu attuata la prima manovra di cambiamento della rotazione (spin maneuver), che aumentò fino a 9,12. La prima manovra per l'assetto (attitude maneuver) durò dalle 18:38 alle 19:46. Praticamente questa manovra di 90°, monitorata in tempo reale da Terra e dal sistema di bordo, riorientò la navicella nell'orbita normale. Alle 20:30, in previsione della prima manovra di correzione della traiettoria, venne attuata un'altra spin maneuver che aumentò la velocità di rotazione fino a 36,68 giri/minuto. Una seconda attitude maneuver fu cancellata perché ritenuta non necessaria.
- 13 Agosto -
Dalle 00:00:00 il MAG iniziò a raccogliere ed inviare dati, la prima variazione di velocità (Δv1) fu attuata lo stesso giorno con svariate accensioni degli ugelli assiali. Lo spin rate si attestò sui 38,89 giri/minuto (uno ogni 15,42 secondi).
- 14 Agosto -
La navicella fu stabilizzata rispetto al polo Nord eclittico alle 10:10. A questo punto iniziarono le manovre propulsive per fissare la velocità di rotazione sul valore nominale, cioè 19,84 giri/minuto.
- 15 Agosto -
Alle 13:16 iniziò l'estensione dei due dipolo U e V (quelli lunghi 45 metri); alle 14:52 l'operazione venne completata. Alle 15:50 la terza spin maneuver fissò la velocità di rotazione nel valore quasi nominale di 19,85 ± 0,2 giri/minuto.
- 16 Agosto -
Alle 15:40:00 il MAG iniziò a raccogliere dati, alle 15:41:19 anche l'SWPLAS iniziò la sua attività scientifica. Alle 21:45 lo strumento 4 registrò un'esplosione di raggi X proveniente dal Sole.
(8)
La traiettoria della sonda dal 12.08.1978 al 22.08.1978
Alle 01:05 del 3 Settembre ci fu uno shock solare, lo strumento 10 osservò un flusso di ioni energetici per 5 ore. La seconda variazione di velocità (Δv2) fu eseguita il 6. L'evento solare del 23 Settembre iniziato alle 09:58, fu la prima esplosione solare di tipo III osservata dal RADWAV. Fino al 20 Novembre l'esperimento 14 osservò dodici GRB (Gamma Ray Burst).
- Le "esplosioni" di raggi gamma (cosmici) -
Questi "eventi" sono isotropi, cioè possono avvenire in qualunque luogo dell'Universo, e abbastanza frequenti con una media di uno al giorno. Secondo le teorie correnti, le GRB sarebbero degli accrescimenti di materia su un buco nero; ad esempio il collasso gravitazionale di una stella rotante o molto massiccia, la coalescenza (unione, fusione) di due stelle di neutroni o di una di queste stelle ed un buco nero. La storia della loro scoperta è davvero particolare: i satelliti americani del progetto VELA dovevano ufficiosamente rilevare impulsi gamma emessi da esplosione atomiche nello spazio. Infatti l'autorità militari non si fidavano dell'Urss, che aveva firmato insieme a quasi tutti i paesi (eccetto Cina, Francia, Nord Corea) il Partial Test Ban Treaty. Spiando lo spazio per cercare tracce di test nucleari sovietici, i satelliti VELA carpirono impulsi gamma che non erano certo esplosioni nucleari e anzi sembravano provenire da una qualsiasi direzione e luogo dello spazio profondo. Il primo "avvistamento" fu effettuato il 2 Luglio 1967 da Vela 4 e assunse la denominazione di GRB 670702. Solo nel 1973 vennero pubblicati queste inattese scoperte scientifiche ed iniziarono gli studi diretti sfruttando missioni spaziali.
(9) |
La traiettoria di trasferimento (12.08.1978 / 20.11.1978) verso il punto L1
Alle 18:14:34 del 20 Novembre ISEE-3 eseguì con successo l'HOI [Halo Orbit Insertion, ‘‘Inserimento in Orbita Halo’’]. Così la sonda si collocò in orbita con queste caratteristiche 120.000 x 665.000,02 km; 177,86 giorni; 28,8°.
- Fase in orbita halo: 20.11.1978 / 10.06.1982 -
(10) |
|
L'orbita halo intorno al punto 1 di librazione Sole-Terra
(11) |
|
Nel punto L1 — distante 1.499.588 km dalla Terra — l'attrazione gravitazionale fra la Terra e il Sole si equilibra perfettamente. Un veicolo spaziale in orbita "ad aureola" (halo) intorno ad L1 può mantenere la stessa distanza rispetto al nostro pianeta e al Sole con il minimo dispendio di propellente. Riferimento specifico: sull'orbita halo Giorgo Giorgiani ha scritto la tesi per la laurea in ingegneria spaziale. Il "mantenimento" (station keeping in gergo) veniva garantito con manovre impulsive eseguite ogni 82 giorni. In un anno serviva una quantità di propellente pari ad un ∆v di 7,5 m/s (molto inferiore ai potenziali 430).
- 1979 -
La seconda esplosione solare (evento 2) fu osservata da MEH, RADWAV e ULEWAT alle 13:35 del 15 Gennaio. Sempre in Gennaio, sia il MEH che lo strumento 13, subirono dell'avarie parziali. In ordine cronologico furono osservati molti "lampi" di raggi gamma: il 5 Novembre (alle 23:47:11 circa), l'8 Novembre (alle 11:21:21 circa) e il 9 Novembre (alle 03:04:33 circa). Questi tre "eventi" del Novembre 1979 furono di una durata non superiore al minuto.
- 1980 -
L'8 Febbraio un GRB iniziò alle 13:04:41 e durò circa 141 secondi. Il 26 Febbraio a causa di un guasto un analizzatore del SWPLAS (quello relativo alla misurazione degli ioni) cessò di funzionare. Un altro GRB fu osservato il 7 Giugno; iniziò alle 03:12 e durò ben 3,2 ore. Anche l'"evento" del 21 Giugno fu molto importante: l'esperimento 13 lo rilevò alle 01:18:19.
- 1981 -
In Aprile a causa di un guasto, l'HIST terminò le sue misurazioni. A Dicembre si guastò in maniera irreversibile la batteria di bordo. Finché i pannelli solari erano pienamente illuminati dal Sole, la sua mancanza non era così importante. Alle 08:00 del 25 Dicembre il RADWAV osservò la 64ª ed ultima esplosione solare di tipo III.
Gli scienziati del Goddard Space Flight Center (GSFC) proposero di spedire la sonda prima nella coda magnetica della Terra e poi verso una cometa. La missione primaria fu completata il 31 Dicembre.
- 1982 -
Il 10 Giugno venne eseguita una manovra da 4,5 m/s (16,2 km/h). Il 1° Settembre, dopo 3 anni e 9 mesi di orbitaggio halo, la navicella abbandonò definitivamente L1 ed iniziò la sua missione estesa.
- Missione estesa: 01.09.1982 / 22.12.1983 -
Il 23 Novembre la navicella raggiunse l'apogeo A0, invece il 22 Dicembre fu "toccato" il perigeo P1. Così ISEE-3 poté visitare la "coda magnetica terrestre" (geotail in gergo). Questa zona, opposta al Sole, non è lontana dal punto di equilibrio L2 e si trova a circa 1,4 milioni di km dal nostro pianeta.
Intanto nel Dicembre 1982 il congresso Usa aveva bocciato l'ambizioso piano Nasa per lo studio della cometa di Halley durante il suo transito del 1986. L'agenzia spaziale americana così pensò di usare ISEE-3 per un fly-by cometario. Ma dai calcoli risultò che non sarebbe stato possibile raggiungere direttamente la cometa di Halley. Comunque era possibile "sfiorare" la cometa 21 P/Giacobini-Zinner solo eseguendo una serie di manovre propulsive, un avvicinamento alla Terra e diversi sorvoli della Luna. La sonda raggiunse un nuovo apogeo (A1) di 1.431.903 km l'8 Febbraio 1983. Inoltre quel giorno fu eseguita una manovra propulsiva da circa 34 m/s (122,4 km/h). In totale furono tre i mesi passati da ISEE-3 ad almeno 1.210.400 km dalla Terra.
(12)
Traiettoria dal 10.06.1982 (manovra per lasciare l'orbita halo) al 30.03.1983 (swing-by lunare 1)
(13)
Traiettoria dal 30.03.1983 (swing-by 1) al 27.09.1983 (swing-by 3)
(14)
Traiettoria dal 27.09.1983 (swing-by 3) al 22.12.1983 (swing-by 5, "fuga" dal sistema Terra-Luna)
(15)
Traiettoria dal 20.10.1983 (swing-by 4) al 22.12.1983 (swing-by 5)
Per sfuggire alla "morsa gravitazionale" della Terra, la sonda transitò ben cinque volte vicino alla Luna nel 1983:
S1 alle 17:47 del 30 Marzo a 19.570 km;
S2 alle 01:03 del 23 Aprile a 21.137 km;
S3 alle 18:00 del 27 Settembre a 22.790 km;
S4 alle 16:32 del 21 Ottobre a 17.440 km;
S5 alle 18:45 del 22 Dicembre a 119 km.
Ognuno di questi cinque "sorvoli" funzionò da fionda gravitazionale per ottenere infine quella spinta decisiva che non sarebbe stato possibile avere con il sistema propulsivo di bordo. In gergo astronautico un sorvolo di un corpo celeste per acquisire una spinta gravitazionale si chiama swing-by. ISEE-3 fu il primo veicolo spaziale ad attuare molteplici sorvoli della Luna; proprio quest'ultimo merita una piccola trattazione.
Dopo il sorvolo del 21 Ottobre, i meccanici celesti della Nasa dovevano trovare una traiettoria tale da avvicinarsi il più possibile al nostro satellite. Ma una variazione di 1 m/s nella velocità apportata dall'abbandono del sistema Terra-Luna, avrebbe comportato una variazione di ben 50.000 km nella minima distanza di transito dalla cometa Giacobini-Zinner! Per evitare un fatale impatto con la Luna, vennero attuate due manovre propulsive: il 10 e 23 Novembre. Data l'estrema velocità (108.000 km/h) della sonda rispetto alla Luna, l'ultimo transito doveva essere calcolato con precisione chirurgica. Così l'8 Dicembre venne predisposta l'intera sequenza. La sonda doveva attraversare per 28 minuti l'ombra della Luna rimanendo spenta. Ma con l'unica batteria di bordo guasta, c'era il concreto rischio di perdere per sempre i contatti.
Alle 18:45:15.2 del 22 Dicembre, ISEE-3 transitò a soli 119,4 km dalla superficie selenica (non lontano dal punto dove atterrò l'Apollo 11). Così la sua velocità eliocentrica aumentò da 4679 a 8278 km/h. Riassumendo, la navicella per guadagnare un'orbita interplanetaria e così lasciare il sistema Terra-Luna, fu "costretta" in diciotto mesi (06.1982 - 12.1983) ad attuare: 37 manovre propulsive, un avvicinamento alla Terra e cinque swing-by lunari.
- Missione di esplorazione cometaria: 22.12.1983 / 11.09.1985 -
Dal 22.12.1983 la sonda è stata ribattezzata ICE [International Cometary Explorer, ‘‘Esploratore Internazionale di Comete’’] e segue un'orbita solare (0,93 x 1,03 UA; 355 giorni; 0,1°). Dal 6 Gennaio 1984 la telemetria venne seguita dal DSN della Nasa perché serviva una di queste grandi antenne per captare un segnale che sarebbe provenuto da zone molto più lontane dei "canonici" 1,5 milioni di km (quelli previsti nella missione primaria). Comunque la gestione e il controllo della missione rimanevano di competenza del Goddard Spaceflight Center.
- 1985 -
(16) |
|
|
Una rappresentazione grafica delle molteplici manovre che ISEE-3 svolse nei 18 mesi prima di chiamarsi ICE |
La cometa 21 P/Giacobini-Zinner
Questo astro chiomato fu scoperto nel cielo di Nizza da Michel Giacobini il 20 Dicembre 1900. La cometa fu individuata nella costellazione dell'Acquario, si muoveva verso levante e doveva avere una magnitudine fra 10,5 e 11. Calcolando la sua orbita venne trovato il periodo: 6,52 anni; il successivo perielio sarebbe stato nel 1907. Ma in quel anno la cometa non fu individuata. Però rifacendo i calcoli, si scoprì che il periodo orbitale era di 6,46 anni. Così Ernst Zinner "riscoprì" la cometa il 23 Ottobre 1913 a Remeis-Sternwarte. L'astro chiomato "ritrovato" aveva una magnitudine 10 ed era vicino alla variabile b Scuti (stella beta della costellazione dello Scudo). Nel transito "sfavorevole" del 1920 fu persa, anche nel transito del 1953 non fu trovata. Dal 1926, eccetto il transito "molto sfavorevole" del 1953, la cometa Giacobini-Zinner è sempre stato osservata. La sua orbita ellittica ha un perielio di 1,03 UA ed un afelio di 6,00 UA; mentre l'inclinazione (rispetto al piano dell'eclittica) è 31,87°. A causa della sua estrema debolezza, la visibilità di questa cometa è sempre preclusa all'occhio umano. Però nel transito solare del 1959 stranamente raggiunse una magnitudine massima di 7. L'ultimo perielio (1,033 UA) si è registrato il 21 Novembre 1998; il prossimo sarà il 2 Luglio 2005 a 1,037 UA dal Sole.
(17)
Un disegno sintetico sull'orbita della cometa Giacobini-Zinner
Due ricercatori dell'Università di Berkeley "riscoprirono" la cometa il 3 Aprile 1984. A quella data, l'astro chiomato era distante [in UA] 3,6587 e 4,5519 (rispettivamente dalla Terra e dal Sole). I calcoli effettuati confermarono che il fly-by con era fattibile e per di più "interessante": infatti il perielio di 1,02826 UA sarebbe stato raggiunto alle 04:56:40 del 05.09.1985. Ma rifacendo i calcoli, venne però scoperto che la sonda avrebbe mancato l'incontro con la cometa di 62.500 km!
Inoltre si doveva incrociare il centro dell'astro chiomato 10.000 km dietro il nucleo e fare in modo che il segnale della navicella fosse captabile da 70,81 milioni di km anche dal radiotelescopio di Arecibo. Per imboccare quella traiettoria così "particolare" furono effettuate tre manovre propulsive: il 5 Giugno (dalle 16:31:03), il 9 Luglio (dalle 14:03:09) e l'8 Settembre. Le variazioni di velocità (∆v) apportate furono rispettivamente di: 136,8; 4,5 e 8,4 [km/h].
(18)
|
||
La traiettoria della sonda sovrapposta a una foto della cometa Giacobini-Zinner nel transito del 1959. La scala delle distanze è in celeste, la traiettoria di ICE è in rosso mentre in magenta è indicato il limite dell'"onda di prua magnetica" (bow shock in gergo). Questi è lo spazio "dominato" dalla cometa rispetto a quello dominato dal vento spaziale, che fluisce sull'astro chiomato. |
La TCM del 5 Giugno, in particolare, avvicinò il punto di minima distanza dal nucleo (sul lato opposto al Sole) a 17.800 km. Invece la TCM del 9 Luglio ridusse questa distanza di transito a 9880 km. Il JPL e il DSC (Deep Space Centre) dell'ISAS stabilirono che avrebbero coperto tre periodi "cruciali" della missione: dal 15 Maggio al 29 Giugno (per alleviare il pesante lavoro del complesso DSN di Canberra), dall'8 al 12 Settembre (per il fly-by) e dal 28 Ottobre al 6 Novembre (per fare delle misure sulla cometa di Halley durante il suo primo allineamento "radiale" con il Sole).
Intanto metà della strumentazione scientifica della sonda aveva subìto avarie parziali. Infatti si erano guastati i dispositivi che rilevavano gli ioni nell'SWPLAS e gli elettroni a bassa energia nello strumento 4. Anche l'HOH, il MEH, l'HIST e gli strumenti 11 e 13 accusavano danni parziali.
(19)
Logo ufficiale del fly-by
| fly-by con la cometa Giacobini-Zinner |
- 8 Settembre -
L'EPAS cominciò a raccogliere dati dalle 00:43:22. L'ultima TCM (∆v = 8,42 km/h) "posizionò" il punto di minima distanza a non più di 8000 km dal nucleo (probabilmente sui 7800 km). Dalle 10 alle 12, fino al 14, anche il grande radiotelescopio di Arecibo avrebbe offerto la sua "copertura". Infine, dalle 19:00 per sei ore (fino al 12), la navicella sarebbe stata seguita anche dalle stazioni del DSC dell'ISAS.
- 9 Settembre -
Alle 00:03:17 l'ULECA, l'unico rilevatore funzionante nel HOH, incominciò a raccogliere dati. Alle 11:00:25 l'ICI iniziò la sua ricognizione scientifica. Il PLAWAV raccolse dati, sia riguardo i campi elettrici che magnetici, dalle 23:12:55.
- 10 Settembre -
L'SWPLAS iniziò ad operare alle 00:00:17 (distanza cometa: 2.617.800 km; velocità relativa di ICE: 24,71 km/s). Il MAG fece lo stesso dalle 10:00:00 (distanza cometa: 1.871.545 km; velocità relativa: 22,87 km/s). Dalle 20 per quattro ore e mezza, la sonda venne seguita dalle stazioni DSN di Canberra.
- 11 Settembre -
Alle 00:30 subentrò il complesso DSN di Madrid fino alle 13. In ogni caso anche il complesso di Goldstone "copriva" il fly-by dalle 8 alle 21. Alle 09:00 la cometa era distante 154.088 km e la navicella si muoveva ad una velocità relativa di 20,78 km/s. Alle 09:10 circa, alla distanza di 141,600 km, la navicella entrò nell'onda di prua. Alle 10:00 l'astro chiomato era a 79.589 km. Sempre alle 10:00:00, il RADWAV cominciò il suo breve periodo di studio. Alle 10:45 - 10:50, ICE cominciò ad entrare nella coda della cometa. Infatti alle 10:51:43, il RADWAV osservò una densità totale di elettroni pari a 21,43 per centimetro cubo. Questo valore di densità ebbe una continua progressione: 26,56 (10:52:56); 37,25 (10:54:44); 49,92 (10:57:44); 69,71 (10:58:56); 83,79 (10:59:54); 109,90 (10:59:20). Alle 11:00 la cometa era a 9013,29 km dalla sonda (la cui velocità relativa si attestava sui 20,76 km/s). Alle 11:00:26, il RADRAW indicò una densità di 147,89 elettroni per centimetro cubo.
(20) |
Schema del primo storico incontro ravvicinato fra una sonda ed una cometa
Alle 11:00:43, ICE transitò a 42 km dall'asse di simmetria della coda. La minima distanza dal nucleo fu toccata alle 11:01:01.29 a 7794 km. La progressione nella densità di elettroni riprese: 220,78 (11:01:02); 281,70 (11:01:20); 483,02 (11:01:38); 642,38 (11:01:56); 667,46 (11:02:14) ed il massimo in 702,42 alle 11:02:32. Alle 11:03:12, il MAG registrò un campo magnetico totale di 11,21 nT (un valore toccato anche 10’ prima). Ma pochi secondi dopo ci fu un vera e propria progressione: 21,031 nT (11:03:15) e 30,512 nT (11:03:21) fino ad arrivare al valore massimo di 39,041 nT (11:03:23.23). Alle 11:03:26, la densità di elettroni in un centimetro cubo era già scesa a 106,63. Fra le 11:10 e le 11:15, ci fu l'uscita dalla coda della cometa. Alle 12:00:00, il RADWAV terminò la sua attività scientifica.
L'ultimo valore di densità registrato era 21,03 (alle 10:00:00 era 9,46). Sempre alle 12, la cometa era già lontana 70.593 km. Fra le 12:20 e le 12:22, ICE lasciò l'onda di prua quando l'astro chiomato era già distante circa 94.000 km. Dalle 18:36:33 del 12 il bitrate fu ridotto a 512 bps. L'"osservazioni" da parte dei sei strumenti scientifici terminarono il 13 e 14. Nell'ordine furono "staccati": l'ICI alle 13:03:10 del 13, l'ULECA alle 00:04:19 del 14, l'EPAS alle 00:40:01, l'SWPLAS alle 20:46:53, il PLAWAV alle 20:51:13 ed il MAG due secondi dopo.
Da questo incontro cometario, la navicella — pur priva di qualsiasi protezione — non riportò alcun tipo di danno. L'analisi dei dati ottenuti confermò il modello del tipo "palla di neve sporca": un nucleo sferico schiacciato dal diametro di 2,5 km con una densità pari a quella dell'acqua. La chioma aveva un diametro di circa 70.000 km, la coda si estendeva per più di 500.000 km, con un'ampiezza di 22.500 km nella zona attraversata da ICE. Proprio nella coda furono trovate tracce di molecole ionizzate d'acqua e di monossido di carbonio (C0). Infine la cometa aveva una sottile "coda ionica" disposta verticalmente, questo era in contrasto con le ampie code di polvere osservate (molto più comuni).
(21) |
|
|
|
Una rappresentazione artistica di ICE in avvicinamento alla cometa Giacobini-Zinner |
|
Il 31 Ottobre 1985 ci fu il primo allineamento "radiale" fra Sole e cometa di Halley; quel giorno la distanza fra la nostra stella e la cometa venne stimata in 61,34 milioni di km. Il vento solare impiegava 4 giorni per raggiungere il famoso astro chiomato. In ogni caso la distanza fra ICE e la cometa di Halley rimase proibitiva: ben 139,13 milioni di km.
- 1986 -
Sei mesi dopo l'incontro con la cometa Giacobini-Zinner, ci fu il secondo allineamento "radiale" fra Sole e cometa di Halley. Questa volta alcuni strumenti scientifici di ICE avrebbero potuto ottenere dati interessanti sul vento solare che fluiva "a monte" dell'astro chiomato. Alle 10:30 del 25 Marzo ICE transitò (con una velocità relativa di 64,9 km/s) alla "minima" distanza dalla cometa di Halley: 28 milioni di km. Il 28 l'angolo cometa di Halley-Sole-ICE arrivò ad essere 6°. Quel giorno la distanza fra la nostra stella e la cometa era di 83,78 milioni di km. Il vento solare impiegava un solo giorno ad arrivare sull'astro chiomato. Lo stesso 28 Marzo, la navicella era a 31,42 milioni di km dal lato "illuminato" della cometa. I dati forniti dall'EPAS, fecero ipotizzare che la regione d'iterazione fra il vento solare e l'astro chiomato si estendesse per 30-40 milioni di km dal nucleo.
Il mese d'osservazione scientifica terminò il 15 Aprile. Entro la fine dell'anno lo strumento 4 registrò 6919 "esplosioni" di raggi X. Comunque fra il 1983 e il 1986 l'efficienza dello strumento si era ridotta al 20-50% (contro il 70-90% dei primi cinque anni di funzionamento). Infatti i "vuoti" (gaps) nell'informazione raccolta nei 3098 giorni di funzionamento furono ben 13.298. Rielaborando i dati raccolti, nel 1995 furono identificati 3574 "eventi".
|
(22)
a) vista da sopra il piano orbitale della cometa |
T r a i e t t o r i a
I C E |
(23)
b) vista lungo la linea Sole-cometa |
|
Intanto il 27 Febbraio 1986 era stata eseguita una manovra propulsiva "radiale" da 1,2 m/s (4,32 km/h). Dopo circa un mese e mezzo, il 7 Aprile, venne applicata un'altra variazione di velocità "assiale" da 38,5 m/s (138,6 km/h). In questo modo ICE dopo 11.189 giorni (cioè 30,634 anni) ritornerà nel sistema Terra-Luna, lasciato il 22.12.1983.
(24)
Traiettoria dal 22.12.1983 al 08.05.1987
(25) |
|
La traiettoria dal 07.04.1986 fino al 10.08.2014
(26) |
|
|
- 1987 -
Il 7 Febbraio il PLAWAV terminò le sue operazioni scientifiche dopo 102 mesi d'attività. Il 1° Maggio il bitrate venne ridotto a 256 bps. Alle 21:55:00 il MAG raccolse i suoi ultimi dati scientifici, comunque alcune fonti citano il 07.02.1987 oppure il 31.12.1990 come suo ultimo giorno di funzionamento
1989-1991
Il 24 Gennaio 1989 il bitrate fu dimezzato ancora, arrivando a 128 bps. Considerando che le condizioni del veicolo spaziale erano ancora buone, nel 1991 la Nasa gli definì un nuovo compito in collaborazione con la sonda Ulysses. Praticamente la nuova missione di ICE era studiare l'eruzioni nella corona solare ed i raggi cosmici. Il 27 Dicembre 1991 la velocità di trasmissione dei dati in formato digitale fu portata al minimo possibile: 64 bps.
- 1992 -
Durante l'anno la navicella disponeva di poca energia a causa dell'estrema lontananza dal Sole. Per questo motivo poteva essere usato un strumento scientifico alla volta (SWPLAS o RADWAV). Alle 15 circa del 13 Giugno l'SWPLAS registrò gli ultimi dati. Dal 1° Ottobre la Nasa fermò i fondi per l'elaborazione dei dati scientifici raccolti dalla navicella; meno male che il programma di Ulysses del JPL si occupò anche di ICE.
1993-1997
Dal 1° Febbraio 1993 i dati scientifici di ICE venivano ricevuti solo dal JPL. Il 27 Agosto 1995 (6224° giorno nello spazio) un errore software bloccò il RADWAV. Successe che venne cambiato un bit in una delle sei word assegnate allo strumento nella memoria operativa; fu così necessario riavviarla. Purtroppo la navicella si stava approssimando all'"orizzonte solare" dove la nostra stella può bloccare i comandi inviati da terra. Alla fine lo strumento fu rimesso in funzione, ma per sicurezza il collegamento verso la sonda (uplink in gergo) venne bloccato dal 19 Dicembre 1995. Infine la Nasa autorizzò il termine delle operazioni il 5 Maggio 1997.
Come già detto, nel 2014 ICE tornerà nelle "vicinanze" (500.000 km) del sistema Terra-Luna. Grazie ai 29 kg d'idrazina ancora a disposizione (corrispondenti ad un delta-v di 150 metri/secondo) si potrà sfruttare la Luna come fionda gravitazionale. La sonda potrebbe essere "catturata" in orbita geocentrica il 10 Agosto. Se possibile, verrà recuperata, analizzata ed infine esposta al National Air and Space Museum del Smithsonian Institution.
- 2008 -
Verso Marzo al JPL di Pasadena si teneva una delle tanti riunioni di routine; casualmente il discorso finì su ICE e "saltà" fuori che un tecnico non era sicuro di aver spento il trasmettitore nell'ultima sessione di comunicazione del 1999. Così per scrupolo venne deciso di ricontattare la sonda alla prima occasione utile.
Alle 20:49 UTC del 18 Settembre la DSS (Deep Space Station) 14 del GDSCC (Goldstone Deep Space Communication Complex) si è "chiusa" (locked) sulla portante (carrier) di ICE. Come volevasi dimostrare, la navicella aveva il trasmettitore acceso e stava aspettando ordini da terra. Il "tracciato" — della durata di tre ore — ha permesso di acquisire informazioni sull'effetto Doppler della sonda. A detta di Robert Farquhar, controllore in passate missioni spaziali, la piena operatività si potrebbe raggiungere entro il 2012. Solo uno strumento scientifico, su 13, sarebbe in avaria; nel 2017 o 2018 si potrebbe pianificare un altro fly-by cometario. Dopotutto la Nasa ha esteso due missioni: Deep Impact e Stardust in EPOXI e NExT.
- 2014 -
Il progetto “ISEE-3 Reboot” si è chiuso con la perdita del segnale della sonda che forse non potrà più essere ricontattata.
RINGRAZIAMENTO:
Ringrazio il mio amico ‘Cippe′ che ha gentilmente scansionato alcune immagini (poi introdotte in questa pagina). Inoltre si è dovuto sorbire le mie maniacali richieste sulla risoluzione e la dimensione desiderata per l'immagini. |
FONTI, RIFERIMENTI, LINK DEL MATERIALE UTILIZZATO PER QUESTA SCHEDA |
x DISEGNI, FOTO, SCHEMI:
- immagine (1): LINK;
- schema (2): TDA Progress Report 42-84 (“ICE Encounter operations"), pagina 7;
- schema (3): TDA Progress Report 42-84 (“Periodic variations in the signal-to-noise ratios of signal receveid from ICE spacecraft"), pagina 6;
- schema (4): TDA Progress Report 42-86 (“ICE Navigation support"), pagina 12;
- foto (5): LINK;
- foto (6): LINK;
- schema (*): vedi nota 1;
- schema (*): vedi nota 1;
- schema (*): vedi nota 1;
- schema (7): LINK;
- schema (8): TDA Progress Report 42-86 April-June 1986, vedi nota 2;
- schema (9): TDA Progress Report 42-86 April-June 1986, vedi nota 2;
- schema (10): TDA Progress Report 42-86 April-June 1986, vedi nota 2;
- schema (11): LINK;
- schema (12): TDA Progress Report 42-84 October-December 1985;
- schema (13): TDA Progress Report 42-86 April-June 1986;
- schema (14): TDA Progress Report 42-86 April-June 1986;
- schema (15): TDA Progress Report 42-84 October-December 1985;
- immagine (16): LINK;
- foto (18): Enciclopedia ASTRONOMIA (“Dalla Terra ai confini dell'Universo") - Sistema solare, pag. 203;
- immagine (19): LINK;
- schema (20): Enciclopedia ASTRONOMIA (“Dalla Terra ai confini dell'Universo") - Sistema solare, pag. 204;
- immagine (21): LINK;
- schema (22): TDA Progress Report 42-87 July-September 1986;
- schema (23): TDA Progress Report 42-87 July-September 1986;
- schema (24): TDA Progress Report 42-87 July-September 1986;
- schema (25): TDA Progress Report 42-86 April-June 1986;
- schema (26): NSSDC, GSFC (Nasa) - LINK.
Nota 1: l'elemento grafico originale era su un sito web adesso non più presente in Internet. Quando troverò l'url a detto elemento grafico provvederò subito a metterlo.
Nota 2: per rendere lo schema più comprensibile ho dovuto ritagliarlo dall'elemento originale.
x il TESTO:
• National Space Science Data Center, 1978-079A;
• Space.40, 1978-079A [nota: testo in ceco];
• Planetary Data System (“ICE”), LINK;
• NSSDC, Spacecraft_Data, LINK;
• Planetary Data System & Planetary Plasma Interactions Node (“G_Z/ICE/EPA”), LINK;
• Planetary Data System & Planetary Plasma Interactions Node (“G_Z/ICE/SWPLAS”), LINK;
• Nasa Planetary Data System - Small Bodies Nodies (“ICE”), LINK;
• “User guide for ISEE-3 radio mapping experiment CD-ROM Data”, LINK;
• “AAREADME.TXT for the ISEE-3 (ICE) Hourly Ephemeris from the Data Pool Tap”", LINK;
• “ISEE-3 (ICE) Hourly Ephemeris from the Data Pool Tape”, LINK;
• Paolo Ulivi (“L'ESPLORAZIONE DELLA LUNA”, 28.12.2002), pagg. 219-220;
• TDA Progress Report 42-84 October-December 1985;
• TDA Progress Report 42-86 April-June 1986;
• TDA Progress Report 42-87 July-September 1986;
• ISEE-3 - Plasma Waves Spectrum Analyzer, LINK;
• ISEE-3 - Vector Helium Magnetometer, LINK;
• Imagine the Universe! (“ISEE-3/ICE”), LINK;
• Deep Space Chronicle, 1978 - LINK;
• Nasa Astrophysics Data System (ADS) - LINK1 e LINK2;
• Orbital anomalies in Goddard spacecraft, 1982-83, LINK;
• Orbital anomalies in Goddard spacecraft, 1984 - LINK;
• Orbital anomalies in Goddard spacecraft, 1992 - LINK;
• Orbital anomalies in Goddard spacecraft, 1993 - LINK;
• Orbital anomalies in Goddard spacecraft, 1995 - LINK;
• Orbital anomalies in Goddard spacecraft, 1996-97, LINK;
• Small Bodies Mission Support, (“ICE: Solar Wind Plasma”) - LINK;
• Small Bodies Mission Support, (“ICE: Vector Helium Magnetometer”) - LINK;
• Small Bodies Mission Support, (“ICE: Plasma Wave Spectrum Analyzer”) - LINK;
• Small Bodies Mission Support, (“ICE: Energetic Particle Anisotropy Spectrometer”) - LINK;
• The International Halley Watch Archive, ("ICE Ion Composition Instrument observations of Giacobini-Zinner”) - LINK;
• The IHW Archive, (“ICE Ultra Low Energy Charge Analyzer observations of Giacobini-Zinnne”) - LINK;
• ISEE-3 Magnetometer Interactive Data Server, LINK;
• NSDCC, ISEE-3 Merged Plasma+Mag Dat , LINK;
• Enciclopedia ASTRONOMIA ("Dalla Terra ai confini dell'Universo”) - volume 1 e 2 | pagg. 157, 203, 204;
• “The International Cometary Explorer (ICE) Mission to Comets Giacobini-Zinner and Halley”, J.C. Brandt - Laboratory for Astronomy and Solar Physics, Nasa /Goddard Space Flight Center, Greenbelt, Maryland, Usa;
• SpaceRef.com (“Nasa's ISEE-3/ICE Spacecraft Is Still Operating After 30 Years in Space”) - LINK;
ASTRONAUTICA |